La carica dei 90 mila contro Volkswagen Italia, una class action che potrebbe costare al gruppo automobilistico tedesco un salasso da 400 milioni di euro. Si lotta contro il tempo, a Venezia, per preparare la prima udienza della causa intentata da Altroconsumo e da due acquirenti che chiedono i danni per il “dieselgate”, ovvero le certificazioni con il trucco sulle emissioni di gas di scarico. Il tempo per presentare l’adesione alla class action è scaduto a ottobre e a quella data erano 90 mila i moduli rilasciati dall’associazione. “Nessuno sa ancora quale sia il numero preciso, ma l’ordine di grandezza è quello. – spiega l’avvocato milanese Paolo Martinello, presidente di Fondazione Altroconsumo – Soltanto il 6 dicembre avremo il numero esatto, al momento ci sono due persone, in Tribunale a Venezia, che si stanno occupando della registrazione dei ricorrenti”.

Si annuncia, quindi, un’azione di classe imponente. Dalle cifre ragguardevoli. “Con questa azione chiediamo al giudice di riconoscere un rimborso pari al 15 per cento del costo di acquisto del veicolo. A titolo di esempio, se il costo dell’auto è stato di 30 mila euro, il rimborso da noi richiesto sarà di 4.500 euro” aggiunge l’avvocato Martinello. Moltiplicando questa cifra indicativa per i 90 mila ricorsi, si arriva ai 400 milioni di euro. Sul sito di Altroconsumo, per prudenza, si avverte: “In ogni caso questo risarcimento è condizionato dall’accoglimento delle nostre richieste, il giudice potrebbe anche quantificare il danno in misura inferiore”.

Dalla loro gli automobilisti hanno le pronunce avvenute negli Stati Uniti, dove l’Environmental Protection Agency (EPA), ha accertato che Volkswagen ha utilizzato abusivamente nella centralina del motore delle sue auto un software per ottenere nei test di omologazione dati sulle emissioni in linea con i parametri richiesti per i veicoli diesel. “Nella normale guida su strada, invece, le emissioni reali possono superare fino a 40 volte quelli dichiarati. – sostiene Altroconsumo – In un secondo momento, Volkswagen ha ammesso che questo trucco è stato usato anche per i modelli venduti in Europa e in Italia. Negli Stati Uniti per ogni auto sono stati riconosciuti da 5 a 10 mila euro”.

Il via libera alla class action era venuto lo scorso giugno dalla quarta sezione civile della Corte d’Appello. Un confronto giudiziario preliminare molto aspro e durato a lungo. Altroconsumo aveva lanciato l’offensiva contro le emissioni di CO2 del 2014 e aveva raccolto 9.645 pre-adesioni. Ma il Tribunale non aveva dato corso alla causa. Ci sono voluti i giudici di secondo grado per accertare la fondatezza delle ragioni di Altroconsumo, basate su perizie e analisi di laboratorio e quindi si è dato corso all’iter giudiziario civile.

In particolare, le prove effettuate su un modello specifico di Golf (ma anche su una Panda a benzina, per una analoga controversia con Fiat) avrebbero accertato emissioni più alte rispetto ai limiti di omologazione delle auto. Il danno ai singoli automobilisti sarebbe causato dalle false attese degli acquirenti, dalla perdita di valore dell’auto, dal disagio subito e dai costi per i richiami.

“Le case automobilistiche avevano creato false aspettative nei consumatori: una pratica commerciale su cui si è espressa anche l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato – spiega l’avvocato Martinello – che ha già stabilito una sanzione da 5 milioni di euro”. Ma ora si deve entrare nel danno per decine di migliaia di clienti, una partita anche finanziariamente molto più impegnativa.

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