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Genova, confessa l’omicidio della vicina. Poi cambia versione: “È stato il pusher”

Un 34enne aveva detto di aver "perso la testa perché sotto l'effetto di stupefacenti", ma dopo un lungo interrogatorio si è rimangiato tutto. Aveva nascosto il cadavere sotto il proprio letto, è stata la madre a trovarlo. La scomparsa della vittima, 86 anni, era stata denunciata domenica dalle due figlie.
Genova, confessa l’omicidio della vicina. Poi cambia versione: “È stato il pusher”
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Ha cambiato versione dei fatti Pierluigi Bonfiglio, disoccupato 34enne accusato di aver ucciso Anna Carla Arecco, 86 anni, in un appartamento di via Lagaccio a Genova. L’uomo, ascoltato dai carabinieri del comando provinciale di Genova fino alle 7 di martedì mattina, aveva inizialmente confessato il delitto, spiegando agli agenti di aver ucciso la vicina di casa per rubarle i soldi con cui comprare la droga. In mattinata però ha rettificato tutto, dicendo che a uccidere Anna Carla è stato il suo pusher.

“Venerdì sera – ha detto Bonfiglio – sono salito in casa della signora con un pusher. Mi sono fatto aprire la porta con una scusa. Lo spacciatore l’ha portata in casa mia e io sono rimasto nel suo appartamento per rubare perché dovevo pagarmi la droga. È stato lui a ucciderla con una spranga di ferro, io non avevo intenzione di farlo”. Bonfiglio ha detto di avere preso una quarantina di euro e tre anelli. “Uno l’ho dato al pusher e gli altri due li ho rivenduti a un compra oro di via Balbi. Dopo che lo spacciatore ha ucciso la mia vicina l’ho nascosta sotto il letto, non sapevo cosa fare. Ho cercato di ripulire in fretta per non far trovare le tracce di sangue a mia madre al suo ritorno a casa”.

Ma lunedì sera la madre di Bonfiglio ha scoperto il corpo mentre faceva le pulizie di casa, attirata da un forte odore proveniente dalla camera del figlio. Il giovane, accusato dell’omicidio e di occultamento di cadavere, è stato trasferito nel carcere genovese di Marassi. Le due figlie della vittima avevano denunciato la scomparsa della madre domenica, aggiungendo di essere convinte che la donna potesse essere ancora nel palazzo perché aveva lasciato tutto in casa, dalla borsetta con i documenti al cellulare. Avevano anche suggerito ai poliziotti di controllare le telecamere che inquadrano l’ingresso del palazzo.

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