Ieri poco dopo le otto del mattino è morto a Genova Spartaco Landini. Mio cognato Spartaco, anno 1943, nato a San Giovanni Valdarno. Stroncato da una delle forme più insidiose di leucemia mieloide acuta, contro la quale ha combattuto fino all’ultimo respiro senza mai cedere o lamentarsi. Non ce l’ha fatta. Quando l’ho incontrato per l’ultima volta una settimana prima della sua morte, prima di salutarci mi ha guardato negli occhi arricciando la bocca e mi ha detto: “Bruno, questa volta è dura”. Uomo integro, tenace, positivo, concreto, Spartaco è sempre stato un combattente, ha sempre onorato il nome che portava, sia nella vita che sul campo di calcio. Mia sorella Giovanna lo ha sposato nel lontano 1968, a lui ha dato due figlie, Giuditta e Ilaria, e con lui ha trascorso cinquant’anni di vita di grande passione, amore e condivisione delle glorie e dei dolori.

Quando ho chiesto all’amico Peter Gomez di scrivere un ricordo di mio cognato Spartaco sul Fatto Quotidiano mi sono reso subito conto che non avrei potuto addentrarmi troppo nella sua storia di calciatore e di direttore sportivo visto che di calcio me ne intendo poco, anzi, pochissimo. Quindi mi limiterò a ricordare Spartaco con poche notizie calcistiche stranote e alcuni aneddoti che lo divertivano molto.

Qualche cosa la so comunque: Spartaco, mi dicono i più esperti, è stato un terzino della gloriosa Inter di Helenio Herrera, anni ‘60. Un vero mastino, una barriera invalicabile per gli avversari. E’ in quegli anni che ha conosciuto mia sorella Giovanna. Ed è in quegli anni che è entrato nell’olimpo nero azzurro dei Mazzola, Corso, Jair, Burgnich, Facchetti, Bedin e altre glorie del calcio che ora mi sfuggono. Insieme a loro ha collezionato tantissime vittorie. Quando le glorie dell’Inter di Herrera si sono dissipate Spartaco è rimasto nel calcio per decenni passando dal Palermo, all’Avellino, dal Catanzaro fino al Genoa, dove in veste di direttore sportivo ha fatto, mi spiegano gli addetti ai lavori, grandi cose.

Il primo aneddoto sul quale in famiglia abbiamo fatto un sacco di risate riguarda proprio uno di quei giocatori che facevano parte dell’Inter di Herrera. Un giorno mi trovavo ospite a Genova a casa di Spartaco e di mia sorella. Un gruppo di ex giocatori dell’Inter che si erano ritrovati come vecchi amici discutevano animatamente di calcio con un linguaggio per me incomprensibile. Visto che non ne capivo granché di tecniche e di tattiche calcistiche decisi di rivolgermi a un signore che se ne stava in disparte a leggere una rivista: “Scusi, ma giocava anche lei a calcio?”, chiesi timidamente. Prima che quel signore mi guardasse in modo strano mia sorella mi chiamò in cucina con occhi sgranati e mi disse: “Ma Bruno, che domande fai? Quel signore è Tarcisio Burgnich una delle glorie dell’Inter e della Nazionale! Avrà pensato che volessi prenderlo in giro”.

Per farmi perdonare chiesi scusa a Burgnich ma lui era molto divertito e quando Spartaco venne a conoscenza della storiella si fece una grande risata: “Che vuoi Tarcio, mio cognato l’è fatto così. Guarda comunque che è a suo modo un interista”. Per come me lo ricordo io Spartaco non ha mai mollato. Anche nei momenti meno vivaci della sua carriera ha tenuto botta con una tenacia invidiabile, facendo chilometri e chilometri per cercare giovani calciatori da segnalare alle sue squadre. E quando si è presentata quella micidiale malattia che ce lo ha portato via ha lottato come un leone per due anni, grazie anche alla forza e alla presenza senza sosta di mia sorella Giovanna e delle sue figlie.

di Bruno Perini

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