Il primo giorno dell’era di Yonghong Li segna subito una netta distinzione con i 31 anni di Berlusconi. Se l’ex Cavaliere non perdeva occasione per parlare a giornalisti e tifosi, il nuovo proprietario e presidente del Milan dev’essere di tutt’altro avviso. La conferenza stampa di presentazione della nuova proprietà, vede il numero uno prendere la parola, leggere in piedi il suo messaggio direttamente da un foglietto e lasciare il microfono al nuovo amministratore delegato, Marco Fassone. Zero domande, zero risposte sui tanti interrogativi di questi lunghi otto mesi di trattativa. “Siamo un team stabile e con alta efficienza. Abbiamo una grande responsabilità”, si limita a dire Li tra un saluto ai tifosi e l’elenco dei grandi trionfi degli ultimi tre decenni.

Tocca a Fassone fare il punto della situazione sotto il profilo calcistico (“Montella è il nostro allenatore, il rinnovo di Donnarumma è un obiettivo”) e spiegare l’architettura dell’operazione che in parte è stata finanziata a debito, affidandosi al fondo speculativo americano Elliott. Nel futuro del Milan, stando a quanto ha raccontato il nuovo ad, c’è un po’ di tutto. L’obiettivo, ovviamente, è aumentare i ricavi per rispettare il voluntary agreement con la Uefa che verrà presentato a breve e discusso a maggio. Il Milan deve riportare i conti in ordine in tre anni e restituire i 300 milioni prestati da Elliott entro i prossimi 18 mesi.

Ma come? Fassone scinde i debiti del club da quelli della controllante Rossoneri Lux: “È stata un’operazione enorme per gli standard del nostro calcio, folle pensare che non fosse in parte costruita con dei prestiti, meno rilevanti tra l’altro di altri acquisti di club italiani”. Un riferimento – velato, ma non troppo – all’acquisto dell’Inter da parte di Thohir, il suo ex club che Fassone non nomina mai. Poi spiega come il Milan conta di rilanciarsi nel breve periodo: “La proprietà ha in mente un imponente sviluppo sul mercato orientale, dove il potenziale è esplorabile solo con una proprietà locale. A questo speriamo di affiancare il ritorno in Champions”. A medio termine, l’ambizione maggiore: “Lo stadio è nei nostri piani. Vorremo realizzarlo in tempi ragionevoli. Serve un impianto con caratteristiche adatte a questi anni”. Li ha un piano “innovativo”, dice Fassone, rispetto al quale anche lui era “scettico e incredulo all’inizio”. Poi ha cambiato idea e ora toccherà a lui sviluppare sotto il profilo calcistico (insieme al direttore sportivo Mirabelli) e finanziario il Milan che “conta di tornare presto in Champions” e sbarcare in Cina “con una società deputata esclusivamente allo sviluppo commerciale”.

Un’operazione tanto ambiziosa quanto rischiosa. Per il momento in Cina l’acquisizione è stata accolta freddamente: poco spazio sui siti, appena due giornalisti – molto giovani – presenti giovedì al closing e venerdì nella conferenza stampa di presentazione. Un paragone: quando il colosso Suning a giugno acquistò l’Inter organizzò un incontro con i media, Javier Zanetti e Erick Thohir a Nanchino, prima ancora di sbarcare in Italia. Ma se il piano per aumentare i ricavi (“Dovremmo più che raddoppiarli”, afferma Fassone) non dovesse andare in porto? I vertici del club rossonero si dicono tranquilli e non si esclude una quotazione in Borsa “sulla quale potremmo lavorare in futuro”. Per andare sul mercato, però, servono bilanci in ordine nei prossimi anni. Il Milan deve evitare di mordersi la coda.

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