di Alberto Sciarrone per Unimed

Gli occhi dei siriani sono nuovamente puntati a Ginevra, dove si stanno tenendo i colloqui di pace tra il regime siriano, l’opposizione e varie delegazioni con la supervisione delle Nazioni Unite. La prima conferenza nella città svizzera si era tenuta nel giugno del 2012 con i ministri degli esteri di Usa, Russia, Cina e Regno Unito e l’assenza dei diretti interessati: i siriani. In quell’occasione Kofi Annan aveva proposto un piano di pace articolato in sei punti che tuttavia non ha avuto successo, come i successivi tentativi nel corso degli anni.

Il protrarsi del conflitto è dovuto, tra i vari motivi, all’assenza di un ruolo attivo da parte dell’America: Obama non è intervenuto neanche quando il regime ha oltrepassato la linea rossa da lui stesso posta, ovvero l’utilizzo di armi chimiche contro la popolazione civile nel 2013. L’ex presidente americano pensava che dopo questo violazione la Russia avrebbe intavolato una vera trattativa, ma Mosca ha continuato a sostenere Assad con l’obiettivo di accentuare ancora di più la profonda spaccatura presente nell’opposizione siriana, e aprendo soltanto sullo smantellamento delle armi chimiche da parte del regime sotto sua supervisione.

L’America ha conservato la sua riluttanza a procedere a un intervento militare in Medio Oriente nonostante l’aggravarsi della situazione giorno dopo giorno. Il nuovo presidente americano Donald Trump si annuncia invece – almeno stando alle sue dichiarazioni in campagna elettorale – più propenso a collaborare con il Cremlino, anche se, appena insediato al potere, ha perso uno dei suoi collaboratori più importanti: Michael Flynn, consigliere per la sicurezza nazionale smaccatamente filo-russo, che ha rassegnato le dimissioni in seguito ai suoi contatti compromettenti proprio con l’entourage di Vladimir Putin.

Durante la precedente mediazione svoltasi ad Astana (gennaio 2017), le due delegazioni siriane, dell’opposizione e del regime si sono incontrate per discutere una tregua e il suo monitoraggio da parte della Turchia, Russia e Iran. La situazione sul terreno è tuttavia rimasta invariata e non è stato nemmeno pubblicato un comunicato congiunto tra le parti che riassumesse ufficialmente i punti di accordo, mentre nel frattempo il regime siriano continuava i bombardamenti nelle aree rurali prossime a Idlib, al confine con la Turchia.

La mancanza di chiarezza e di una linea ferma dei vari accordi di Ginevra ha permesso a ciascuna delle parti in causa di continuare a perseguire i propri interessi. Il ruolo di Assad nel futuro della Siria era e rimane il nodo centrale dei negoziati: da una parte, il regime non è intenzionato a farsi da parte, dopo aver superato grazie all’intervento aereo russo nel settembre 2015 la fase peggiore della guerra in cui il suo crollo sembrava inevitabile; dall’altra, l’opposizione siriana appare sempre più frammentata e continua a chiedere e auspicare la caduta di Assad per porre fine al conflitto e avviare una nuova fase di transizione politica.

I negoziati sono impostati sulla risoluzione Onu n.2254, ovvero sugli unici punti sui quali finora si è registrato un accordo: la richiesta da tutte le parti di mettere fine agli attacchi ai civili, l’esclusione dell’Isis e di al-Nusra dal tavolo negoziale, l’istituzione programmatica di uno Stato multietnico rispettoso delle minoranze etniche e religiose, la stipula di una nuova costituzione e l’eventuale indizione di nuove elezioni entro 18 mesi dall’accordo.

Mercoledì Staffan de Mistura, inviato Speciale delle Nazioni Unite per la crisi siriana, ha comunicato ai gruppi di opposizione del regime che il governo sarebbe pronto a discutere i termini di una transizione politica, grazie alla pressione esercitata dalla Russia. Adesso l’aspetto più importante è intavolare una discussione iniziando dalle questioni militari poiché abbordare direttamente le scelte politiche più sensibili – confini, autonomie, equilibri etnici – potrebbe far deragliare immediatamente i colloqui, l’unico scenario che tutti gli attori riuniti sembrano voler scongiurare.

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