Ricondurre il “caso Raggi” al mondo della realtà e alla città, Roma, che, preda di devastazione e incuria da tempo immemorabile, è diventata oggetto di un monitoraggio mediatico spasmodico  sulla vitalità dei topi e sul diametro delle buche solo a partire dalla data di insediamento della “sindaca eterodiretta” (nelle definizioni più benevole), è sicuramente una buona mossa da parte di Beppe Grillo.

Anche se è pressoché scontato che i 43 successi della giunta M5S a Roma troveranno ben poca accoglienza nei Tg che amplificavano ogni “exploit” renziano, su giornali e settimanali grandi solo per le troppe pagine, nei talk gonfi di “gossip capitolino“. Probabilmente quelli elencati non sono tutti provvedimenti grandiosi e non fanno notizia almeno per una città normale, ma forse confermano che qualche cambiamento di stile e di sostanza è in atto e che l’attuale giunta non è “la migliore amica dei poteri forti” come viene quotidianamente denunciato da tutti quelli che con i potentati romani hanno felicemente convissuto derubricando Mafia Capitale a una pittoresca combriccola di cialtroni.

E poi l’elenco dei provvedimenti è lungo, forse un po’ troppo, molto vario, ma non abbastanza appassionante. Così, i nuovi stanziamenti per il trasporto pubblico, il potenziamento della raccolta dei rifiuti durante le festività, l’apertura dell’area archeologica del Circo Massimo, l’ampliamento delle piste ciclabili, il contrasto dell’abusivismo o il rientro nella piena disponibilità dell’amministrazione di beni dati in concessione precedentemente, non sono temi appetibili quanto le presunte relazioni sentimentali e le polizze incomprensibili.

Lo scatenamento mediatico sulla Raggi che ha raggiunto toni convulsi nelle ore dell’interrogatorio-fiume, degno dei tempi più concitati di Mani Pulite, era iniziato con largo anticipo e con corpose bufale ben prima della data del 2 febbraio, dalle presunte “anticipazioni” sulla trattativa tra procura e difesa in vista del patteggiamento al giudizio immediato dato per scontato: entrambi smentiti dai magistrati.

Poi quando hanno fatto irruzione, con indubbio impatto teatrale, le due polizze sottoscritte da Salvatore Romeo a nulla è valso il riconoscimento da parte dei Pm dell’inesistenza di qualsiasi fattispecie criminosa e della pacifica possibilità che la beneficiaria ne ignorasse l’esistenza. Per ironizzare sulla polizza “a sua insaputa” e per suggerirle di farsi da parte – ipotesi che la stessa Raggi ha preso in considerazione come ha ammesso intervistata da Mentana a Bersaglio Mobile – è stato tirato fuori da più parti, quasi fossero vicende sovrapponibili,  “il precedente” di Scajola, con tanto di puntuale intervista su Il Corriere nella quale l’ex ministro ha così spiegato con molta enfasi e involontaria autoironia: “Il mio caso è diverso dal suo, perché io mi dimisi subito sapendomi innocente. E fui assolto da ogni accusa” (in realtà Scajola fu assolto in primo grado e prescritto in appello per il caso del mezzanino con vista sul Colosseo pagato 610mila euro con l’aiuto “a sua insaputa” della ‘cricca’ di Anemone nel 2004 e rivenduto nel 2014 per oltre un milione di euro, ndr).

Nonostante le smentite dei Pm, “la pista dei soldi” secondo il titolone del QN ovvero quella “sorta di fondo concesso in garanzia a chi poi poteva concederle favori” come suggerisce Fiorenza Sarzanini su Il Corriere o come ha sostenuto Emanuele Fittipaldi su L’Espresso e ha ribadito a caldo a Linea Notte Maurizio Mannoni, sedicente garantista militante, dando per scontato e diretto il rapporto tra la polizza e l’incarico con aumento di stipendio per Romeo.

Contro quella che ha definito “campagna di fango” del Corriere  è intervenuto dal blog anche Beppe Grillo per mettere all’indice “le ricostruzioni fantasiose” fondate su sospetti e presunti reati come “compravendita di voti e finanziamenti occulti che non corrispondono alle ipotesi accusatorie dei magistrati”. Nella marea di “ricostruzioni”, commenti, editoriali e soprattutto titoli a metà tra il linciaggio e la comicità involontaria, come “Da Onestà, Onestà a Polizzà, Polizzà” (la Notizia) o “Virginia vatti a nascondere” (Libero), senza ignorare “Il filo rosso da Craxi al M5S” di Mario Adinolfi (il Mattino), il garante del M5S ha comprensibilmente preferito rispondere solo a Il Corriere.

Eppure, paradossalmente, il M5S dovrebbe dimostrare una certa gratitudine ai “confezionatori seriali di menzogne” che, per una evidente eterogenesi dei fini, sono riusciti persino nell’impresa che sembrava impossibile di ricompattare la presunta “gola profonda” delle polizze Roberta Lombardi, che ha annunciato querele, e la prima cittadina protagonista dell’unico scandalo che eccita i media.

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