Si accettano scommesse che lo sostituirà con il più tradizionale Thank’s giving, quello del tacchino rimpinzato. All’ultimo piano del Cipriani 42 East di New York il neo eletto Trump ringraziava i suoi sostenitori, che non sono solo i paperoni d’America, ma di tutto il globo riuniti, ceo di banche e di fondi d’investimento. A mettere insieme tutti i patrimoni dei presenti si sfiorava il trilione, ossia mille miliardi di dollari. “Se si volessero monetizzare i loro capitali non ci sarebbe abbastanza moneta cartacea nel mondo”, la butta lì l’imprenditore Canio Mazzaro, invitato dal padrone di casa Giuseppe Cipriani, e, ancora con incredulo aplomb: “Cosa ci facevo io lì?” Intanto lo zio Donald, che adesso siede tronfio sulla scranno più potente del mondo, costringeva tutti a un’alzataccia, il rendez vous era alle 7.30 del mattino, cappuccino e ostriche, croissant e aragoste. A mo’ di scolaresca venivano schedati con tanto di nome appiccicato sul bavero della giacca sartoriale (ndr vedi foto). C’era un ringalluzzito Flavio Briatore che preparava un espresso al magnate libanese Tom Barrack, (quello che ha comprato e poi rivenduto all’emiro del Qatar il pacchetto Costa Smeralda). Barrack non era neanche il più miliardario, anzi battuto per un paio di zeri da un certo Fahad Al-Fawaz, responsabile del fondo sovrano dell’Arabia Saudita. Uno dei chairman della Deutsche Banck sussurrava all’orecchio del Mazzaro: “Quando stava per fallire la Deutsche ha concesso a Trump un prestito, ma poi lui ci ha fatto causa…” Ecco di che pasta è fatto l’uomo. Doppiezza, arroganza e ingratitudine. Dopo il discorso, lungo e noioso, stretta di mano, pacche sulla spalla e selfie. Intanto è stato appena messo a punto dal suo staff il tariffario per incontri ravvicinati con the President. Si parte da 25mila fino a un milione di dollari per un incontro privato con gli aspiranti trumpizzati.

Quanto sareste invece disposti a sborsare per un tete a tete con Mattarella e/o Gentiloni?
Mai vista tanta abbondanza. In tutte le sue sfumature dal nero, al grigio scuro, al bluastro, caviale declinato all’uovo, con risotto, raviolone e confettura. E così che Giuseppe Statuto, patron del Mandarin Hotel ( e non solo, Four Season, Danieli di Venezia e San Domenico a Taormina) ha farcito la sua cena pre/natalizia per amici e clienti. E tutto nasce dagli storioni made in Brescia che Lelio Mondella della Agro Ittica Lombarda è riuscito ad importare dalla Russia, dieci anni di esperimenti e da qualche centinaia di chili si è passati alle 25 tonnellate all’anno di perline di Calvius. Sono diventati i primi produttori d’Europa e le pregiate perline di Calvius oggi le vendono anche ai russi, visto che alle loro latitudini lo storione è in via d’estinzione. Se non fossimo al Mandarin, avrei pensato di essere al mercato della Vucciria visto la ressa di forchettine d’assalto all’apertura della lattina di un chilo.

Il banchetto di Natale non esiste più? Date un’occhiata al menù offerto dal Banco di Napoli nel foyer del Teatro San Carlo dopo la Boheme. Bignè di gamberi in salsa aurora. Finger di provolone del Monaco con fragoline di bosco. Crepes con mousse di formaggio vaccino di fossa e crema di tartufo. Filetto di maialino nero casertano con demi glace. Involtina di spinaci e chicchi di melograno. Insalata russa natalizia (ma siamo sul banale). E poi babà, delizie al limone, scazzette, carpaccio di anasas, millefoglie alla marmellata di fragole e struffoli. Mancava il panettone, perché a Napoli clonano pure quello. E’ stato il mio cenone di Natale e Capodanno messi insieme.

Ma il Natale è soprattutto il trionfo del regalo inutile, tra quelli più smart, il cadeau che Vito Grassi, ad della Graded, farà trovare sotto l’albero alle figlie: “Adotta una poltrona del San Carlo”, per poche centinaia di euro il loro nome potrebbe essere inciso su targhetta d’ottone e appiccicato sul velluttino rosso. Sempre meglio di un I Phone 7 arci/plus!

Twitter@januariapiromal

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