Il no trionfa al sud e nelle isole, il fa il pieno al centro e nel nord-ovest. Un elettore su 5 del Pd vota no alle riforme, ma uno su 5 dei Cinquestelle vuole approvarle. Due su 5 si dicono d’accordo con i contenuti della legge Boschi (in particolare la riduzione dei senatori e la fine del bicameralismo paritario, ma il primo partito resta quello degli indecisi e tra coloro che sicuramente parteciperanno al referendum sono in vantaggio i contrari. Infine, solo uno su 10 sa bene di cosa si parla, mentre uno su 10 risponde che non ha mai sentito parlare del referendum. E’ lo scenario che a 9 settimane dal referendum disegna un sondaggio di Ipsos, pubblicato dal Corriere della Sera.

Uno su 10 sa bene cosa c’è nella riforma
Il dato più significativo – e allarmante, senz’altro – è che pochissimi sanno di cosa si sta parlando. Il 10 per cento risponde di conoscere nel dettaglio la riforma, il 44 per cento dice di conoscerla “a grandi linee”, mentre il 38 per cento spiega di averne sentito solo parlare e il rimanente 8 confessa di non averne nemmeno mai sentito parlare. “Un dato sorprendente – scrive sul Corriere Nando Pagnoncelli, che dirige Ipsos – Tenuto conto che i mezzi di informazione ogni giorno ci parlano del referendum. Ma ne parlano prevalentemente riportando più il rumore di fondo (le polemiche e i conflitti tra i due schieramenti), mentre l’approfondimento del merito della riforma è merce rara, probabilmente perché risulta ostico agli elettori”.

Il grande terreno degli indecisi
Anche qui – nella scarsa conoscenza della riforma costituzionale votata dal Parlamento – potrebbe risiedere la grande incertezza che è l’elemento costante dei sondaggi sull’esito del referendum. Anche nel caso di Ipsos, infatti, c’è una quota ampia di chi crede – ad ora – che si asterrà più un altro 8 per cento di chi si definisce “indeciso”, cioè non sa cosa votare. Il resto delle risposte dice che il no sarebbe al 25 per cento, mentre il sì sarebbe al 23. Quindi sui voti validi il no sarebbe avanti 52 a 48 che è come dire testa a testa perché questo tipo di sondaggi prevede un margine d’errore del 3 per cento. Come dice il presidente del Consiglio Matteo Renzi “c’è una parte che ha già deciso e un’altra che è ancora indecisa. Il 50 per cento di indecisi è pazzesco, quindi è ancora una partita aperta. E’ normale” che ci siano così tanti indecisi, “poi nel tempo crescerà l’attenzione. Noi stiamo cercando di fare di tutto perché ciascun cittadino possa farsi la sua opinione”.

Un quinto degli elettori Pd per il no, un quinto di quelli M5s per il sì
Nello scorporo delle preferenze rispetto ai partiti si notano alcuni elementi principali. Il primo: a sentirsi più mobilitati sono gli elettori del Partito democratico, perché solo il 26 per cento dice che non voterà (tra quelli dei Cinquestelle è il 31, mentre nel centrodestra sale fino al 38 per cento di chi si definisce elettore della Lega). Secondo punto: ovviamente è tra coloro che votano Pd che c’è la fetta più larga anche dei favorevoli alla riforma (81 per cento dei voti validi). Terzo: Cinquestelle e Lega vantano la quota più larga di elettori contrari alla riforma (rispettivamente 81 e 79 per cento dei rispettivi totali). Quarto: tra gli elettori di Forza Italia il 40 per cento, un numero considerevole, voterà sì, a dimostrazione che è sentita come una riforma adatta alle idee berlusconiane. Quinto: l’elettorato è trasversale, come dice Renzi. Di Forza Italia si è detto, ma si trovano favorevoli alla riforma anche tra gli elettori M5s (19%) e Lega (21) e contrari tra gli elettori Pd (19%) e liste di centro (41).

Il Sud spinge il no, il Centro spinge il sì
Ripartizione geografica. A spingere il no sono soprattutto Centro-Sud e Isole, dove i contrari oscillano tra il 57 e il 58 per cento. A spingere il sì invece sono Centro-Nord e Nord-Ovest. Al Nord la situazione più incerta è nel Nord-Est che però conferma il suo raffreddamento nei confronti delle politiche di Matteo Renzi: il no è avanti di due punti.

Molti “a favore” della riforma, ma vince il no
favorevoli-ma-controQuello che è curioso, infine, è che gli intervistati sono in gran parte d’accordo con tutti i principali punti della riforma, nonostante il no – complessivamente – sarebbe ad oggi in vantaggio. In totale il 42 per cento degli intervistati si dice molto o abbastanza d’accordo con i contenuti della legge nel loro complesso, contro il 35 dei contrari (poi ci sono i soliti indecisi). E se si scorpora, come ha fatto Ipsos per il Corriere, titolo per titolo, l’effetto è lo stesso. Riduzione dei senatori: 62 per cento a favore, 20 contro. Fine del bicameralismo perfetto: 51 sì e 24 no. Soppressione del Cnel: 49 a favore, 18 contro. Province cancellate: 45 per cento sì, 32 no. Senatori scelti dai consigli regionali (uno degli aspetti più contestati): 39 sì, 31 no.

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