Altro che Fertility Day, con valanga di polemiche annesse. Per incentivare la natalità, il resto d’Italia dovrebbe prendere esempio dal Trentino Alto Adige e dalla Valle d’Aosta. E’ in queste due Regioni a statuto speciale, infatti, che si registra il numero più alto di figli per donna: 1,65 in Trentino e 1,55 nella Regione al confine con la Francia, a fronte di una media nazionale di 1,39 (dati Istat 2014). La spiegazione? Politiche di incentivo che sarebbe possibile replicare in tutta Italia, perché per realizzarle non servono molte risorse ma solo buone idee e la capacità di attivare circuiti di collaborazione tra gruppi di cittadini e tra loro e il settore privato. Peccato che come fa notare Riccardo Prandini, professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Bologna e esperto di welfare, la “cultura politica e gestionale” che c’è dietro queste esperienze virtuose sia impossibile da esportare.

Nella Provincia autonoma di Trento 560 organizzazioni danno servizi gratis per le famiglie Voucher di conciliazione, libri di testo gratis fino alla seconda superiore, voucher energetico, tariffa famiglia sui trasporti pubblici: anche così il Trentino aiuta le famiglie. Ma non solo. Luciano Malfer dirige l’Agenzia provinciale per la famiglia, la natalità e le politiche giovanili della Provincia autonoma di Trento. C’è lui dietro ad alcune tra le idee più innovative per sostenere la natalità. Come quella dei “distretti della famiglia”, giunti alla sesta edizione. “E’ una rete di 560 organizzazioni che fanno qualcosa per la famiglia. Si parla di sharing economy, cioè condivisione – mette in chiaro Malfer a ilfattoquotidiano.it – a costo zero per i contribuenti. Qualche esempio? La tariffa Ski family: è un voucher sciistico con il quale tutti i ragazzi fino a 18 anni usano gli impianti sciistici gratis e vale per chiunque arrivi, non solo per i residenti. Dei distretti fanno parte anche musei, piste ciclabili, ristoranti, fattorie didattiche, scuole: tutte mettono qualcosa a disposizione delle famiglie. L’obiettivo è lavorare sul benessere della famiglia a tutti i livelli: trasporti, casa, lavoro, ambiente”.

L’ente certifica le aziende amiche delle famiglie: sono 200 in tutta Italia – “Oltre ai nidi pubblici socio educativi – continua il dirigente – promuoviamo i Tagesmutter, nidi familiari nella casa di una mamma abilitata. Poi finanziamo nidi aziendali, eroghiamo voucher di conciliazione famiglia-lavoro, abbiamo una lista di baby sitter accreditate e sosteniamo l’auto organizzazione delle famiglie nel gestire alcuni servizi”. Non è un caso quindi che la Provincia Autonoma di Trento sia l’unico ente che, grazie a un protocollo col governo, certifica a livello nazionale le aziende amiche della famiglia, quelle che aiutano la conciliazione. “In tutta Italia ne abbiamo certificate 200. Dai dati emerge come un’azienda che introduce la flessibilità non solo migliora il benessere per i suoi dipendenti, ma produce anche valori economici per sé”, dice Malfer.

Erickson: “Il campus estivo per i figli dei dipendenti pagato dall’azienda” – Sono tante le aziende trentine che forniscono servizi di welfare ai propri dipendenti. Come la casa editrice Erickson, che quest’estate ha offerto la possibilità ai figli dei dipendenti, di età compresa tra i 4 e 15 anni, di frequentare un campus estivo pagato dall’azienda. “Si tratta della prima edizione. Hanno partecipato circa 30 bambini che hanno frequentato il campus per 2 settimane a scelta tra il 13 giugno e il 31 luglio. Ogni giorno proponevamo attività diverse: piscina, gita al Muse e altri musei trentini, visita alla caserma dei pompieri, ai laboratori di pasticceria, passeggiate sul Doss Trento e nei parchi cittadini, attività in inglese”, spiegano a ilfattoquotidiano.it da Erickson.

Dipartimento per le politiche per la famiglia: “La visione trentina servirebbe a tutta l’Italia” – A ilfattoquotidiano.it, il dipartimento per le Politiche per la Famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri fa sapere: “La Provincia Autonoma di Trento rappresenta a livello nazionale una best practice, perché programma delle politiche familiari in modo coordinato e complesso, le altre Regioni hanno solo progettualità. A Trento hanno una visione d’insieme che servirebbe in ogni Regione, anzi, servirebbe a livello nazionale. Tant’è che il nostro dipartimento dal 2010 ha protocolli di intesa con la Provincia Autonoma di Trento per promuovere politiche per la famiglia, per esempio il Family audit, il sistema di certificazione che vorremmo estendere a tutta Italia, nel mercato pubblico e privato. E’ esportabile, ma funzionerà soltanto se le Regioni decideranno di aderire. Le altre Regioni a statuto speciale? Come Dipartimento non abbiamo avuto protocolli d’intesa o contatti”.

La Valle d’Aosta dà contributi in cambio di volontariato e paga le vacanze alle famiglie che si occupano dei figli degli altri – Politiche innovative arrivano anche dalla Valle d’Aosta. Come il prestito sociale d’onore con restituzione in 200 ore di servizio. Gianni Nuti, dirigente della struttura Politiche Sociali e Giovanili della Regione autonoma, a ilfattoquotidiano.it spiega: “Alle famiglie che hanno spese che non riescono a sostenere, ad esempio bollette, affitti, acquisti di beni essenziali, eroghiamo fino a 2mila euro, che devono restituire alla collettività attraverso 200 ore di attività di volontariato in enti accreditati, ad esempio distribuendo abbigliamento agli indigenti alla Caritas o facendo sostegno ai migranti. Questo sistema ce l’abbiamo solo noi, funziona dal 2010 e vuole dare il senso della circolarità del contributo pubblico. Tantissime persone ne hanno beneficiato: spendiamo circa 250mila euro l’anno. Le spese devono essere tutte documentate e a volte interveniamo pagando direttamente i creditori”. Un sistema che va anche a vantaggio del mondo del volontariato. “Molte persone hanno continuato l’attività da volontari anche una volta estinto il loro debito”, spiega Nuti.

Ma la Valle D’Aosta finanzia persino le ferie alle famiglie che portano in vacanza anche i figli degli altri. “A fronte del loro tempo messo a disposizione per i figli di tutte le famiglie consorziate, noi sosteniamo le spese. Mettiamo che durante l’estate i ragazzi non abbiano attività cui partecipare. Dieci famiglie si accordano e una a turno si mette in ferie e organizza attività ludico-ricreative e culturali per i figli delle altre famiglie. Noi finanziamo l’acquisto di tutte le attrezzature: i biglietti per i parchi acquatici, le spese vive, le merende, i pic nic, i biglietti dei musei. Questo permette a ciascuno di continuare a conciliare le esigenze di famiglia e lavoro e nascono amicizie. C’è una graduatoria dei progetti: noi premiamo quelli che ci sembrano più inclusivi, che raggiungono i risultati maggiori con le risorse minori e con originalità, con valore educativo”, conclude Nuti.

Osservatorio Nazionale sulla Famiglia: “I soldi non c’entrano. E’ una questione di mentalità e politiche” Ilfattoquotidiano.it ha cercato di capire se questo record ha a che fare con i soldi, visto che le Regioni a statuto speciale sono quelle con la più alta spesa pubblica pro capite. Basti pensare che, per ogni cittadino, a Bolzano versano fino a 8.864 euro e nella Provincia autonoma di Trento 7.638 euro. Segue la Val d’Aosta con 7.475 euro a testa, poi il Lazio (Regione a statuto ordinario) e a ruota tutte le altre Regioni a statuto speciale: Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia. Eppure non tutte queste brillano per natalità: la Sardegna, addirittura, ha uno tra i tassi più bassi di tutta Italia. Ilfattoquotidiano.it ha chiesto anche alle altre Regioni a statuto speciale (Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia) se hanno un piano per le famiglie complesso come quelli del Trentino e della Valle d’Aosta. Ha risposto soltanto la Sardegna, che però prevede solo alcuni contributi erogati con soldi pubblici: niente a che vedere con la sharing economy istituzionalizzata delle altre due Regioni a statuto speciale del Nord.

“La politica trentina per le famiglie non è esportabile. Non per i costi: sono bassi, potrebbero essere assolutamente affrontati da altre Regioni non a statuto speciale. Qui ad essere difficilmente esportabile è la cultura politica. Anche la Sicilia è a statuto speciale ma evidentemente non c’è né una cultura politica né una gestione di quel tipo” dice a ilfattoquotidiano.it Riccardo Prandini, ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Bologna. Esperto di welfare, Prandini è appena stato chiamato dal ministro per la Famiglia Enrico Costa a far parte del neo ricostituito Osservatorio Nazionale sulla Famiglia, un organismo di supporto tecnico-scientifico in carica per tre anni. “Il Veneto – spiega il professore – qualche anno fa provò a replicare l’idea del distretto famiglia ma poi l’idea si fermò. Una regione che ha fatto qualcosa di simile è stata la Lombardia. Man mano che si scende verso il sud c’è più difficoltà. E’ più un know how, un saper fare che altro. Il Trentino rimane una sorta di grande comunità dove il valore della famiglia è sempre stato sottolineato e i politici ne han fatto un tema rilevante. Questo loro interesse politico per i temi familiari, radicato dentro una cultura comunitaria, ha intercettato una loro peculiarità: un mondo di società civile, associazionismo e cooperazione molto sviluppato”.

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