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Nevermind compie 25 anni, auguri al capolavoro dei Nirvana che divenne il manifesto della Generazione X

Il 24 settembre 1991, la Geffen pubblicò il secondo album di studio di un trio grunge di Seattle. Doveva essere un disco da poche copie e invece divenne il simbolo di quelli che ancora credevano al rock come medium di un malessere e come una valvola di sfogo, e al tempo stesso la colonna sonora ideale di chi si sentiva fuoriposto rispetto ai Baby Boomers, ben raccontati nei romanzi di Brett Easton Ellis e Jay McInerney, oltre che da Douglas Coupland

di Michele Monina

Partiamo da una considerazione puramente generazionale, quando ci si ritrova a celebrare un anniversario importante di un album che in qualche modo è stato importante per la crescita emotiva e culturale di una generazione significa, ineluttabilmente, che stiamo tutti invecchiando. Il che, se l’album in questione è in qualche modo legato a qualcuno che non c’è più, può anche essere un punto a nostro favore, perché significa anche che siamo ancora vivi, ma il fatto che ci si ritrovi a festeggiare o commemorare canzoni che hanno raggiunto la maggiore età, o anche di più, sancisce inesorabilmente che il tempo sta davvero passando, ci piaccia o meno.

Oggi, 24 settembre 2016, sono esattamente venticinque anni che la Geffen pubblicò il secondo album di studio di un trio grunge di Seattle, Nevermind dei Nirvana. Ecco, è di Nevermind dei Nirvana che stavamo parlando. L’album di Smells Like Teen Spirit, tra le altre, canzone più che manifesto degli anni Novanta e della generazione cantata a suo tempo da Douglas Coupland nel suo libro culto, Generazione X. Un album e una canzone, quella, e un suono, quello furioso e tragico di quell’album e di quella canzone nello specifico, che hanno riassunto e incarnato un sentire globale come poche altre.

Ora, chiaro, se si considera che nello stesso periodo uscivano tutta una serie di altri capolavori impressionanti, non solo in area grunge, come Out of Time dei R.e.m., quello di Losing my Religion, altra canzone manifesto di quell’epoca, Blood Sugar Sex Magik dei Red Hot Chili Peppers, i due Use Your Illusion dei Guns N’ Roses, Ten dei Pearl Jam, Badmotorfinger dei Soundgarden, Achtung Baby degli U2, il black album dei Metallica, Scremadelica dei Primal Scream, Loveless dei My Bloody Valentine, Gish degli Smashing Pumpkins, Trompe le Monde dei Pixies e altri ancora, se si considera con chi si andava a confrontare Nevermind potrebbe anche sembrare che si trattasse solo di un capolavoro in mezzo a tanti altri capolavori, in qualche modo innalzando a livelli siderali una intera epoca, ma depotenziando la grandezza delle singole opere.

Però Nevermind è stato come pochi altri lavori capaci di farsi manifesto di una generazione di persone, quelli che ancora credevano al rock come medium di un malessere e come una valvola di sfogo, e al tempo stesso la colonna sonora ideale di chi si sentiva fuoriposto rispetto ai Baby Boomers, ben raccontati nei romanzi di Brett Easton Ellis e Jay McInerney, oltre che dallo stesso Coupland. Kurt Cobain, perfettamente coadiuvato da Krist Novoselic e Dave Grohl, appena entrato nel gruppo e destinato a diventare, molti anni dopo, la vera incarnazione del rock, sotto la sapiente produzione di Butch Vig, hanno sfornato un lavoro perfetto, a partire dalla copertina in cui si vede il bambino nudo che nuota inseguendo un dollaro tenuto all’amo, passando per la alternanza tra violente schitarrate hard rock su cui si stendevano lancinanti melodie figlie dell’influenza dei padri dell’hardcore americano, gli Husker Du, più beatlesiani dei Nirvana ma non per questo meno devastanti. Aperto da Smells Like Teen Spirit, cui seguivano In Bllom, Come as You Sre, ma anche Lithium, Polly, via via fino alla conclusiva Endless, Nameless, Nevermind era, nelle intenzioni della Geffen un album destinato a vendite piuttosto contenute, con un break-even stimato intorno alle 200mila copie raggiunte dai Sonic Youth con Goo, ma presto lanciato verso vendite milionarie in tutto il mondo, spinto dal volano dirompente di Smells Like Teen Spirit, dalla voce rotta di Kurt Cobain, il suo viso triste incorniciato dai capelli biondi, le felpe indossate sotto le t-shirt, una storia d’amore, quella con Courtney Love, degna delle migliori saghe rock, dai già citati Beatles agli Allman Brothers. La breve parabola di Cobain, tristemente destinato a entrare nel Club 27, porterà, se possibile, Nevermind in una posizione ancora più centrale nei cuori dei cultori del rock, facendo del grunge l’ultimo “sottogenere” capace di entrare in un linguaggio universale fino a oggi.

Nevermind compie venticinque anni. Un classico, di fatto, ma ormai anche per questioni anagrafiche. Guardando a quel che succede oggi in discografia ci si interroga, legittimamente, su quali opere potranno mai ambire a tanto, ma sentire nel 2016 le tracce di questo capolavoro è in realtà esercizio rasserenante, perché seppur invecchiato e degno di essere celebrato, Nevermind rimane attuale e urgente, esattamente come quando è uscito e come quando, pochi mesi dopo, è esploso in un successo inaspettato, diventando di colpo la musica che una generazione aspettava senza neanche saperlo.

Nevermind compie 25 anni, auguri al capolavoro dei Nirvana che divenne il manifesto della Generazione X

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