Un tempo si diceva che “se una notizia non passa in televisione, non esiste, non è mai successa”. Vale ancora, visto che la tv resta ancora la principale fonte di informazione per milioni e milioni di italiani, ma evidentemente negli ultimi anni sono entrati in gioco anche i social network, Twitter in testa, e dunque capita che un cartone animato andato in onda già cinque anni fa tra l’indifferenza generale, oggi faccia discutere in Rete, come se ce ne fossimo accorti solo oggi.

Stiamo parlando della nuova versione di Mila e Shiro, cartone animato cult degli anni Ottanta, andata in onda nella mattinata di domenica provocando le ire dei puristi delle vicende originali della giocatrice giapponese di pallavolo con i capelli rossi. Ne dà conto, sul sito della Stampa, Francesco Zaffarano, che ricostruisce le reazioni indignate dei fan che affollano il social dei cinguettii. I più giovani si dimostrano incuriositi, forse perché hanno sentito parlare della serie animata e non vedono l’ora di recuperarla. Gli over 30, però, non riescono a digerire una serie nuova, diversa da quella originale (è del 2008) e soprattutto con una sigla che non è quella storica cantata da Cristina D’Avena.

In queste ultime settimane, network televisivi e brand noti stanno provando a solleticare la nostalgia dei decenni che furono: da un lato la Nintendo che rilancia la console NES e Netflix che confeziona un gioiellino molto Eighties come “Stranger Things”; dall’altro un revival anni Novanta che parte dalla moda (pantaloni a vita alta come se non ci fosse un domani) e arriva fino al tormentone estivo Pokémon Go. Forse hanno capito che gli over 30 sono quelli che spendono di più e che puntare tutto sui bimbiminkia forse non una mossa così intelligente.

Il vintage, il recupero di ciò che è stato ed è rimasto nell’immaginario collettivo, però, è una cosa maledettamente seria. Va fatto con criterio, con intelligenza, andando a toccare le corde giuste e senza profanare divinità ultralaiche come, giustappunto, Mila e Shiro. Netflix, con Stranger Things, ha colto nel senso perché ha creato ex novo un prodotto seriale che si muove su quelle ambientazioni, quei riferimenti culturali, quelle atmosfere. E anche l’operazione Pokémon Go è stata una genialata, visto che recupera sì i mostriciattoli anni Novanta, ma lo fa utilizzando le tecnologie di oggi (GPS, smartphone e via cantando).

L’operazione Mila e Shiro (che, ripetiamo, è tutt’altro che inedita visto che la seconda serie è del 2008, non dell’altro ieri) è diversa ed era palesemente destinata a fallire. Se della serie originale prendi solo i nomi dei personaggi ma stravolgi tutto, dal disegno alle vicende narrate, passando per la leggendaria sigla, è chiaro che chi è cresciuto con quel cartone non lo riconosce più, e soprattutto non si riconosce più. La nostalgia è una cosa serissima, ripetiamo, e i fan indignati, per una volta, hanno tutte le ragioni per esserlo.

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