Gli ingredienti ci sono tutti. Una società profondamente razzista e che tale è rimasta negli ultimi anni e probabilmente lo è divenuta ancora di più nonostante il belletto fornito dall’elezione di Obama. L’effetto backfire delle guerre scatenate un po’ ovunque nel pianeta per mantenere una posizione di predominio sempre più traballante dal punto di vista dei dati economici. La crisi scatenata dalle politiche neoliberiste e l’approfondirsi delle disuguaglianze. Il venire in essere e il moltiplicarsi di sacche di povertà e di vera e propria miseria. La frustrazione delle classi lavoratrici, merce in mano a imprenditori senza scrupoli intenti a rispettare scrupolosamente la legge della “competitività” che impone di sfruttare in modo selvaggio chi lavora per non soccombere nella gara con i propri concorrenti. Il venir meno di ogni cemento ideologico nazionale unitario, per effetto di tutti i fenomeni appena considerati. Milioni di armi da guerra in circolazione incontrollata in omaggio a una precisa disposizione costituzionale. L’approssimarsi di una competizione presidenziale fra due candidati egualmente impresentabili, un vecchio cocoon razzista che sembra la caricatura di Berlusconi e una non più giovane politicante di cui è nota la propensione a svolgere il ruolo di marionetta dei poteri forti senza se e senza ma. Tutti gli ingredienti, insomma, per un declino accelerato e una guerra civile strisciante che già non striscia più tanto.

Gli Stati disuniti d’America hanno da poco celebrato il loro 240° compleanno, ma pare che in realtà ci sia molto poco da festeggiare. Per ironia della sorte, mentre si compiono le stragi di neri e quelle di poliziotti. Obama vola a Varsavia per promettere nuovi dispiegamenti di forze e rilanciare strategie ed armamenti Nato a beneficio delle solite industrie interessate. Risultato: l’acutizzazione delle tensioni internazionali e nuovi balzi in avanti delle spese militari in tutto il mondo e soprattutto nella regione medio-orientale. Ai Paesi della Nato viene d’altronde chiesto di portare la spesa militare al 2% del prodotto interno lordo. L’agonizzante Unione europea si adegua e anzi si rallegra perché grazie alla Nato saranno attutiti gli effetti della Brexit.

Esiste evidentemente un nesso molto forte tra le scelte guerrafondaie e militariste che gli Stati Uniti portano avanti da tempo e la guerra civile interna che si sta delineando. Basti pensare al trasferimento di ingenti quantitativi di armi da guerra che rischiavano di restare inutilizzate (non sia mai detto) ai poliziotti di piccoli e grandi centri degli Stati disuniti. Si parla di bazzecole come 432 veicoli blindati, 536 aerei ed elicotteri, e novantamila armi automatiche. Guerra all’esterno per garantire l’ordine mondiale basato sulla loro supremazia oramai al tramonto e guerra interna contro emarginati ed oppressi si fondono in unico disegno anti umano. Del resto beneficiari dell’ordine, sia esso internazionale o interno, sono gli stessi e cioè le grandi corporations e quelle della finanza in primo luogo (anche altre ovviamente, prime fra tutti, per ovvi motivi quelle che producono e vendono strumenti di morte).

Non si può certo negare il grosso contributo dato in altre epoche dagli Stati Uniti al mondo, senza peraltro dimenticare che si tratta di uno Stato nato e prosperato grazie alla schiavitù degli africani e al genocidio degli amerindi. Ma da qualche decennio a questo parte gli Usa rappresentano il triste emblema (e la principale se non unica superpotenza) di un pianeta allo sbando e in preda a una crisi incontrollabile che potrebbe avere per sbocco una nuova guerra mondiale e/o un degrado ambientale senza speranza. Si tratta dei principali inquinatori, consumatori, produttori e venditori di armamenti a livello mondiale. E non si tratta certo di un buon esempio. In fin dei conti occorre augurarsi che l’esplodere di gravissimi problemi interni distolga, speriamo definitivamente, gli Stati Uniti dall’occuparsi di quelli del pianeta con i risultati disastrosi che sono sotto gli occhi di tutti. Il che ovviamente deve significare fine dei loro interventi all’estero, abolizione delle loro basi militari e scioglimento delle alleanze militari che a loro fanno capo, prima fra tutte la Nato. Sarebbe certamente un mondo migliore e con qualche chance di sopravvivenza in più. Basato sul multilateralismo e il necessario rilancio delle Nazioni Unite, che magari saranno chiamate a inviare qualche contingente di caschi blu su territorio statunitense.

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