Nei giorni scorsi era stato il Financial Times a chiedere alla Commissione Ue di “non essere intransigente” nei confronti del governo italiano che chiede a Bruxelles di poter ricapitalizzare con soldi pubblici, in caso di estrema necessità, le banche più deboli. E a sottolineare che “dopo la Brexit, la linea di frattura dell’Europa passa per Roma”. Giovedì, nel giorno in cui in Campidoglio si è svolto il primo consiglio comunale dell’era Raggi, all’appello si è unito l’Economist. Che nel servizio di copertina del numero di questa settimana, intitolato The italian job – Europe next crisis, allo spettro di una “crisi in grado di contagiare l’Eurozona” aggiunge un coté squisitamente politico: il timore che, in assenza del via libera di Bruxelles e Berlino all’iniezione di risorse pubbliche negli istituti, gli eventuali dissesti bancari facciano calare a picco le quotazioni del premier Matteo Renzi, portino a una vittoria del no al referendum di ottobre e spianino la strada a un esecutivo targato M5S. Scenario che secondo le testate considerate bibbie del capitalismo mette a rischio l’esistenza stessa dell’euro. Un ragionamento in linea con le tesi del famigerato report di Jp Morgan contro le “Costituzioni socialiste” e gli “esecutivi deboli” dei Paesi dell’Europa del Sud, che auspicava modifiche simili a quelle contenute nel ddl Boschi per favorire “una maggior integrazione dell’area europea”.

Il numero uno dell’Eurogruppo contro la deroga – La presa di posizione del settimanale inglese è arrivata proprio mentre dall’Aja il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem sembrava chiudere la porta a una deroga alla normativa sul bail in (secondo la quale a farsi carico del salvataggio degli istituti in difficoltà devono essere in primis azionisti, obbligazionisti subordinati e correntisti con più di 100mila euro sul conto, ndr) per consentire all’Italia di soccorrere le banche più a rischio – a partire dal Monte dei Paschi di Siena – usando denaro pubblico. Come del resto consentito “in via precauzionale” dall’articolo 32 della direttiva Ue sulla ristrutturazione e risoluzione degli istituti (Brrd). Dijsselbloem ha detto che “gli investitori e gli azionisti delle banche dovranno risolvere i problemi, non deviare dalle regole in modo che i contribuenti paghino”.

Anche la Bce schierata a favore del sostegno pubblico – Di tutt’altro avviso l’Economist: “Obbligare gli italiani comuni ad accollarsi di nuovo le perdite danneggerebbe pesantemente il premier Matteo Renzi, facendo svanire la sua speranza di vincere il referendum sulle riforme costituzionali in autunno”, sostiene il settimanale. Secondo cui “se le regole sul bail-in verranno applicate con rigidità in Italia le proteste dei risparmiatori mineranno la fiducia e apriranno le porte del potere al Movimento Cinque Stelle, che attribuisce alla moneta unica i problemi economici dell’Italia”. Ecco perché, prosegue il ragionamento, “se gestito male, l'”Italian job” (letteralmente “colpo all’italiana”, ndr) potrebbe segnare la rovina dell’Eurozona”. La conclusione è obbligata: “La risposta giusta è autorizzare il governo italiano a finanziare i meccanismi di difesa delle sue banche vulnerabili con capitali pubblici sufficienti per placare i timori di una crisi sistemica” che sarebbe “pericolosa” per l’intera area euro. Una tesi condivisa anche dai vertici della Bce: il vicepresidente Vitor Constancio ha ribadito che “la situazione attuale, con nuovi cali delle azioni dopo Brexit, merita una profonda riflessione sull’opportunità di superare alcune imperfezioni del mercato con un po’ di sostegno pubblico per migliorare decisamente la stabilità di alcuni settori bancari”.

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Per l’Economist “applicare regole con rigidità aprirà le porte a M5S che incolpa l’euro dei problemi” – Secondo l’Economist, invece, “il primo ministro italiano ha ragione”, perché “le pressioni del mercato sulle banche italiane non diminuiranno finché la fiducia non verrà ristabilita e ciò non succederà senza fondi pubblici. Se le regole sul bail-in verranno applicate con rigidità in Italia, le proteste dei risparmiatori mineranno la fiducia e apriranno le porte del potere ai Movimento Cinque Stelle, che incolpa la moneta unica dei problemi economici dell’Italia”. A quel punto “aumenterebbe la convinzione che l’Italia sta ricevendo scarsi benefici dalla presunta condivisione dei rischi tra i Paesi dell’Eurozona, mentre è danneggiata dai tanti vincoli a cui deve sottostare”. E “se gli italiani perdessero fiducia nell’euro, la moneta unica non sopravviverebbe”. “Non ha senso seguire le regole alla lettera se farlo segna la fine della moneta unica”, prosegue il ragionamento.

“Placare i timori di crisi sistemica” – Quindi? Semplice, “la risposta giusta è autorizzare il governo italiano a finanziare i meccanismi di difesa delle sue banche vulnerabili con capitali pubblici che siano sufficienti per placare i timori di una crisi sistemica”. Autorizzare il ricorso alla clausola contenuta nella direttiva Brrd per consentire “un’iniezione temporanea di capitale da parte dello Stato in Monte dei Paschi”, che giovedì ha perso un altro 5,8% e ha ormai una capitalizzazione inferiore agli 800 milioni di euro, potrebbe “essere abbastanza per impedire un ulteriore crollo dei titoli in Borsa, in modo che le altre banche italiane, come Unicredit, riescano a raccogliere capitali privati”. L’Europa “accoglierebbe questo esito come un esempio di solidarietà nell’ambito delle regole”. Anche se “non restituirà la salute agli istituti né risolverà alcuno dei problemi di fondo del blocco dell’euro”.

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