Cambiare tutto per non cambiare nulla. Ufficialmente nessuno lo ammette. Ma a taccuini chiusi, qualche parola se la lasciano scappare. E c’è chi lo chiama già “il patto del gattopardo”. La nuova intesa alla quale, all’indomani del tutt’altro che entusiasmante risultato del primo turno delle amministrative, il Pd di Matteo Renzi starebbe lavorando con i parlamentari di Alleanza liberalpopolare autonomie (Ala), la componente che fa capo all’ex plenipotenziario di Forza Italia, Denis Verdini. L’inconsistenza dell’apporto elettorale delle liste collegate ad Ala, come accaduto a Napoli e a Cosenza dove il centrosinistra non è arrivato neppure al ballottaggio, certificano di fatto il teorema che da settimane la sinistra dem va ripetendo: “Con Verdini si perde”. Ma è pur vero che, se fuori dai palazzi le ‘relazioni pericolose’ con la pattuglia guidata dall’ex braccio destro di Silvio Berlusconi si è rivelata un boomerang, in Parlamento gli uomini di Ala restano decisivi per consentire a governo e maggioranza di dormire sonni tranquilli, specie al Senato dove i numeri sono costantemente in bilico. Insomma, un’alleanza ingombrante della quale, però, Renzi e il Pd non possono permettersi il lusso di fare a meno.

FINTA ROTTURA – Di qui la nuova intesa. Che avrebbe lo scopo da un lato di mantenere saldo l’asse parlamentare tra i gruppi delle due componenti e, dall’altro, di evitare in pubblico qualunque commistione tra Ala e Partito democratico. A cominciare, come scrive La Stampa, dall’esclusione dei verdiniani dai comitati per il Sì al referendum costituzionale di ottobre. E ben vengano polemiche e prese di distanze reciproche che, all’esterno, diano la parvenza di due forze che marciano su binari separati. Quel che conta è la sostanza. E la matematica dei numeri da assicurare in Aula per consentire la sopravvivenza al governo e alla maggioranza. Sul tema  in Ala è scattata la consegna del silenzio. “Parlerà solo il capo nei prossimi giorni”, conferma un autorevole esponente della componente dei verdiniani. Che, proprio oggi, ha riunito i gruppi parlamentari nella sede di via Poli a Roma per un’analisi del risultato elettorale – tutt’altro che entusiasmante – racimolato al primo turno delle amministrative. Un vertice nel corso del quale lo stesso Verdini ha tranquillizzato i suoi  dopo gli attacchi piovuti dalla minoranza dem che ha addebitato ad Ala le principali responsabilità della sconfitta del Pd a Napoli e Cosenza. Anche perché, è stato il ragionamento messo sul tavolo della riunione, “se Atene piange, Sparta non ride”. Come dire: se il risultato dei verdiniani non è stato certo positivo sono anche altre le forze politiche che dal voto del 5 giugno non possono certo cantare vittoria.

O IL VOTO O LA VITA – Nei prossimi giorni, quindi, dovrebbe essere lo stesso Verdini a ribadire apertamente che non ci sarà alcun cambio di rotta rispetto alla situazione attuale (comprese le riserve già espresse sulla riforma della prescrizione). Nell’attesa, in un’intervista rilasciata oggi al Mattino, uno dei luogotenenti di Verdini, il cosentiniano Vincenzo D’Anna, rivendica l’apporto determinante di Ala alla causa dell’esecutivo. “Noi a Renzi stiamo dando voti gratis – ha detto il senatore campano – senza chiedere nulla in cambio e senza avere niente da perdere. Su di noi possono scrivere di tutto, ma è evidente che abbiamo dato un appoggio disinteressato solo per far passare le riforme”. Ma “se non vuole più il nostro appoggio Renzi ce lo dica, non ci perdiamo nulla. Forse lui invece sì”. Un messaggio chiarissimo, accompagnato da un’accusa ad alcuni pezzi da novanta del Pd campano. “Mi sembra evidente che a Napoli abbia remato contro Antonio Bassolino mentre a Caserta Rosaria Capacchione”, ha aggiunto il senatore di Ala. “La minoranza del Pd ha tutto l’interesse di attaccarci, noi abbiamo tolto la golden share a Bersani e la sua cricca perché in Senato, grazie ai nostri numeri, abbiamo reso irrilevante il loro primario obiettivo di influenzare e logorare continuamente Renzi – ha concluso –. Gli abbiamo rovinato il piano”. Primo effetto del “patto del gattopardo”? Chissà che il gioco delle parti non sia già iniziato.

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