La banca svizzera Credit Suisse ha chiuso il 2015 con una perdita di 2,94 miliardi di franchi, pari a 2,6 miliardi di euro, contro l’utile di 1,87 miliardi nel 2014. Si tratta del primo rosso dal 2008. La flessione dipende da una svalutazione dell’avviamento di 3,8 miliardi di franchi legata all’acquisizione, nel 2000, della banca d’investimento statunitense Donaldson, Lufkin & Jenrette, informa il gruppo in un comunicato. Ma a pesare sul risultato dell’istituto, che lo scorso anno ha annunciato un aumento di capitale da 5,6 miliardi, sono stati anche costi di ristrutturazione e poste per regolare contenziosi, come la multa da 84 milioni appena ricevuta dalle autorità americane.

“Le condizioni del mercato a gennaio sono rimaste sfidanti, e ci aspettiamo che la volatilità continui per tutto il trimestre, proseguendo le problematicità macroeconomiche”, ha detto il numero uno Tidjane Thiam. Il piano di risparmi studiato dall’istituto comporta la cancellazione di 1.600 posti di lavoro in Svizzera e 5mila nel mondo, anche se Thiam ha sostenuto che “l’obiettivo è di riuscire a comprimere l’organico attraverso la normale fluttuazione del personale”, cioè senza licenziamenti.

 

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