Il nuovo Pd renziano? “Un partito post democristiano”. Il premier Matteo Renzi? “Sarebbe esagerato dire che è di sinistra”. La rottamazione made in Leopolda? “Più che rottamare direi che hanno riciclato, Anzi, hanno restaurato i miei tempi”. I nuovi acquisti del sottosegretario Davide Faraone in Sicilia? “Li ho tirati su io, una lista che non finisce più, dai più noti al sottobosco”. La campagna di tesseramento dei dem sull’isola: “Un sistema non meno clientelare del mio”. Parole e musica di Totò Cuffaro, l’ex governatore della Sicilia, appena rilasciato dopo cinque anni di detenzione per favoreggiamento a Cosa nostra.

“È vero, con Renzi si stanno spostando i miei voti e la mia classe dirigente”, dice l’ex leader dell’Udc in un’intervista all’Huffington Post. “Questo non è il Pd dei miei tempi, è un Pd diverso, moderato, che guarda all’idea di un partito della Nazione”, continua l’ex governatore, tornato libero da quasi due mesi. In realtà più che una confessione è una certificazione quella di Cuffaro, un bollo papale arrivato da chi in Sicilia conosce uomini e cose. Ormai da un anno, infatti, sull’isola decine di ras delle preferenze cresciuti all’ombra del potentissimo ex presidente hanno deciso di convertirsi al verbo renziano. Un’operazione che Totò definisce come la “solita rincorsa ad accaparrarsi il sistema di rappresentanza: un sistema non meno clientelare del mio. Avevo un milione e ottocentomila voti, il 60 per cento. Lì dentro c’era la Sicilia. Ora quella stessa Sicilia si sta spostando”.

Parole che hanno fatto imbestialire Roberto Speranza, il bersaniano ex capogruppo del Pd alla Camera. “In Sicilia vasta parte del mondo legato a Totò Cuffaro si sta riciclando sotto il nostro simbolo. Lo confermano le parole inquietanti rilasciate oggi dallo stesso Cuffaro. Questo non è accettabile”, dice il leader della minoranza dem. “Chiedo ai due vicesegretari del partito (il segretario Renzi è legittimamente impegnato in un importante viaggio internazionale e non credo abbia purtroppo tempo di occuparsi del nostro tesseramento) di fare immediatamente chiarezza. Lo dobbiamo alle tante persone per bene che continuano a credere nella nostra comunità politica”, continua Speranza. Immediata la risposta di Lorenzo Guerini. “Cuffaro stia sereno: il Pd non sta tesserando suoi uomini, dal momento che siamo un partito di centrosinistra, che non ha niente a che vedere con idee politiche sue e dei suoi sostenitori”, dice il vicesegretario dem. Che poi replica a Speranza: “Spiace che su una non notizia ci sia, invece, qualcuno dei nostri, pronto a salirci sopra per alzare un polverone fasullo quanto strumentale che, quello sì, danneggia il buon nome del Pd”.

Eppure a vedere i volti delle new entry del Pd in terra di Sicilia non sembra proprio che l’ex governatore abbia detto nulla di falso nella sua intervista. È passato quasi un anno, infatti, dalla cerimonia palermitana che ha praticamente sancito l’arrivo nel Pd di una pletora di ex sodali di Cuffaro, prima, e di Raffaele Lombardo, poi. Era il febbraio del 2015 e Davide Faraone, viceré di Renzi sull’isola, lanciava la cosiddetta “Faraona”, convention in stile Leopolda sicula, dove si facevano vedere una serie di leader del cuffarismo che fu. “Io dico no a un modello chiuso: ci vuole un atteggiamento aperto, senza avere paura. La nostra ambizione deve essere quella di allargare l’orizzonte”, aveva detto il sottosegretario all’Istruzione. Ecco dunque che il partito che fu di Pio La Torre accoglieva tra le sue fila Marco Zambuto, ex sindaco di Agrigento e delfino di Cuffaro nell’Udc, promosso immediatamente presidente del Pd regionale (poi causa incontro top secret con Berlusconi ad Arcore si è dovuto dimettere).

Benvenuto tra i dem era anche l’ex sindaco di Ragusa Nello Dipasquale, un tempo in Forza Italia e poi fulminato sulla via della Leopolda. Alla Faraona porte aperte anche a Nicola D’Agostino, ex capogruppo del Mpa di Lombardo all’Assemblea regionale siciliana, Adelfio Elio Cardinale, già sottosegretario alla Salute nel governo di Mario Monti, Roberto Lagalla, ex rettore dell’Università di Palermo e in passato assessore alla Sanità dello stesso Cuffaro e Michele Catanzaro, leader degli universitari moderati e golden boy di Totò. Il capolavoro però si era raggiunto con l’annessione dell’intero gruppo di Articolo 4, partito creato dal defunto Lino Leanza (ex cuffariano pure lui) per sostenere il governo di Rosario Crocetta.

Si erano dunque scoperti renziani dalla sera alla mattina Valeria Sudano, nipote di un potente ex senatore Dc, Pippo Nicotra, decine di partiti in curriculum e un’indagine archiviata per voto di scambio, Paolo Ruggirello, luogotenente di Lombardo a Trapani, eletto all’Ars con Nello Musumeci. A guidarli un giovanissimo rampollo coltivato dall’Udc di Catania: Luca Sammartino, già tirato in ballo in campagna elettorale quando dalla clinica Humanitas partivano telefonate indirizzate ai malati di tumore, che invitavano a votarlo. “Se queste telefonate sono state fatte, sono a titolo assolutamente privato” si era giustificato Sammartino, che è figlio di Annunziata Sciacca, direttore sanitario della stessa clinica: una semplice coincidenza. “Li ho tirati su io, ma ce ne sono tanti altri. Vanno nel partito che più assomiglia a un partito post democristiano, è ovvio. È al governo, è il partito più forte, essere post-democristiani significa stare con con chi governa”, gongola oggi Cuffaro. Che poi aggiunge: “A me fa piacere, voglio bene a tutti”. Come dire che Totò Vasa Vasa non ha perso il vizio e continua a baciare qualsiasi cosa sia portata di smack. In questo caso, però, resta da capire se si tratti di un bacio della morte o meno.

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