“Una parte della polizia è malata”, “frutto di un patto scellerato tra politica e sindacato”. Il senatore Luigi Manconi parla dal palco della sala Estense di Ferrara, dove la commissione diritti umani di Palazzo Madama – presieduta dal parlamentare – ha organizzato l’incontro che apre la due giorni dedicata ai dieci anni dalla scomparsa di Federico Aldrovandi.
Accanto a lui la mamma del ragazzo, Patrizia Moretti e nelle prime file sorelle, madri e figlie di Stefano Cucchi, Carlo Giuliani, Michele Ferrulli, Mauro Guerra. Ci sono anche Arnaldo Cestaro, l’uomo che con il suo ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo ha fatto condannare l’Italia per essere stato vittima di tortura durante l’irruzione nella scuola Diaz al G8 di Genova. E Paolo Scaroni, l’ultras di Brescia che proprio dieci anni fa – a poche ore dalla morte di Federico – venne pestato da alcuni agenti di polizia a Verona e rimase invalido al 100%.

Sono i nomi e i volti dello “strano sodalizio che ha origini tragiche – dice Patrizia Moretti –, quello tra noi familiari delle vittime, quasi tutto al femminile, donne che sono diventate amiche e che oggi sono qui”. La madre di Federico ha inoltre ricordato ha inoltre ricordato che, nel giorno dell’anniversario, sono arrivati messaggi di solidarietà e sostegno da parte di “centinaia di persone appartenenti alle forze dell’ordine. Sono tanti, dall’interno, che si vergognano dell’operato dei quattro che hanno tolto la vita a mio figlio, e che si vergognano del fatto che quei quattro siano ancora parte di un’istituzione degna di rispetto”.

A discutere di “Tra cittadino e Stato: la violenza è inevitabile?” con Manconi e Moretti sono stati invitati Lorena La Spina, segretario nazionale dell’Associazione funzionari di polizia, e Daniele Tissone, segretario generale di Silp Cgil. “Abbiamo scelto di non invitare chi ha dato vita ad un’ossessiva campagna di degradazione e denigrazione ai danni di Federico e dei suoi familiari”, ha spiegato Manconi, che dimostra anche la volontà di dialogo e confronto. Nella stessa direzione, peraltro, andava anche la scelta della Moretti di ritirare le querele contro il senatore Giovanardi e gli agenti Maccari e Forlani. “Una testimonianza di forza, consapevolezza e sicurezza”, ha detto Manconi, “che ha consentito di rompere il monolite con cui ci si immagina il corpo di polizia, consentendo alle fazioni più democratiche di prendere le distanze da quelle più schiettamente fasciste e dire ‘noi non siamo come loro’”.

La Spina nel suo intervento ha sottolineato come sia necessaria una polizia “preparata e professionale, che colmi il difetto di preparazione culturale che si è evidenziato”. Alla condotta dei quattro agenti che quella notte uccisero Federico, la funzionaria ha detto di essere certa che “esiste qualcosa di profondamente diverso, anche se spesso la parte del leone la fanno elementi scarsamente professionali”. Tissone invece ha condannato la “meschinità degli attacchi indirizzati a Patrizia” e individua nel “meccanismo inceppato della legge 121” (quella costitutiva del corpo della polizia) una delle “cause della degenerazione della polizia, sempre più composta di elementi provenienti dall’esercito, militarizzata, sempre meno bilanciata nella sua componente di genere”. L’obiettivo da perseguire, per il sindacalista di Silp Cgil è quello di una polizia civile, formata, che rispetti per prima le norme di trasparenza, rispetto e democrazia”. Ma gran parte delle risposte, vanno a suo dire “ricercate nella politica”.

E proprio nella politica Manconi individua la colpevole “di uno scellerato patto con i settori più deteriori del corpo, che accetta salari bassissimi, formazione sempre meno vincolante, in cambio di protezione”. Un patto che, a giudizio del senatore, ha contribuito a rendere un testo “già mediocre” come quello sul reato di tortura, decisamente inoffensivo ed addirittura “peggiore, grazie alle garanzie del ministro dell’Interno”. Il presidente della commissione Diritti umani del Senato ha invocato “maggiore rigore, da parte delle forze dell’ordine nello svolgere il loro compito” trattandosi dei depositari del monopolio della forza legittima, che troppo spesso si è ritorta contro “i più deboli, coloro che avevano più bisogno dell’aiuto di tutta la società, i marginali”.

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