Foto di Zoccole Dure

È di qualche giorno fa la notizia di una sex workers sopravvissuta ad un tentato femminicidio. A tentare di ucciderla non era il pappone o un cliente “violento”. È stato, invece, un uomo che si era “invaghito” di lei, ed è così che lui viene descritto in poche righe di cronaca. Un uomo invaghito della puttana che non lo degnava di sufficienti attenzione e perciò lei meritava di morire.

Quando si parla di clienti violenti, nel mondo delle sex workers, si evita di analizzare un dato preciso: sono molti i delitti compiuti da uomini che dicevano di voler rendere “oneste” queste donne, volevano “salvarle” e le donne, invece, queste ingrate che meritano il disprezzo di chi non concepisce la loro scelta, non hanno alcuna voglia di essere “salvate”. I salvatori sono di solito paternalisti, colonizzatori delle vite altrui e come tutti i “liberatori”, o presunti tali, di questo mondo poi vorrebbero godere della riconoscenza, in esclusiva, di quella donna che a quel punto ritengono una loro proprietà.

Accade più volte di quel che immaginate. Sono uomini che si “innamorano” e dunque non tollerano un rifiuto. Su questi accadimenti i media costruiscono una retorica “romantica”, che legittima, ancora le azioni di questi assassini. In fondo qual è la donna che non vorrebbe essere salvata, per poi poter essere accolta da un uomo che le darà un focolare domestico e dei figli da curare?

Da questo tipo di atteggiamento paternalista deriva, se volete, anche l’azione di quelle femministe radicali e abolizioniste che farebbero di tutto pur di negare che al mondo esistono sex workers che non solo hanno scelto il proprio lavoro ma non hanno alcuna intenzione di essere salvate. Sono donne che non hanno alcun problema a macchiare la reputazione di chiunque, persona o organizzazione, che non segua il dogma abolizionista.

Vediamo battagliare le Swerf, femministe radical sex workers escludenti, contro l’Organizzazione mondiale della sanità, tante organizzazioni internazionali che lottano contro la violenza sulle donne e contro la tratta, per ultima, oggetto della loro azione di discredito, con illazioni e affermazioni che non possono che derivare da tanta disonestà intellettuale, perfino Amnesty International che ha votato per la depenalizzazione della prostituzione.

Le femministe radicali abolizioniste vogliono invece, evidentemente, che le sex workers finiscano in galera, così sperano anche per i loro clienti, descritti sempre e solo come mostri, senza pensare che, appunto, quelli più pericolosi sono giusto quelli che dicevano di provare “amore”, con una idea di possesso che è tipica di chi vive in modo distorto le relazioni. Amnesty ha anche bocciato il modello svedese, ovvero quello in cui si penalizzano i clienti e perciò si perseguitano le sex workers, boicottate, mobbizzate, ostracizzate e stigmatizzate dalla società qualora affermino di non voler smettere di vendere servizi sessuali.

Ma le abolizioniste sono evidentemente convinte che privando le sex workers del primario riconoscimento che spetta a qualunque soggetto autodeterminato, che si autorappresenta e rivendica diritti, così, ignorando quello che i/le sex workers hanno da dire ritengono di fare loro del bene. Così organizzano iniziative sulle prostitute senza invitare le prostitute. Donne borghesi e puritane, dall’alto della loro visione morale, con atteggiamento neocolonialista e moralista, ritengono di poter decidere della vita di tantissime sex workers che si sono, da tempo, riunite a formare organizzazioni, contesti che le rappresentano in cui a loro viene data voce. È presunzione, fanatismo, arroganza, quel che definisce le abolizioniste con le quali, sicuramente lo sapete, è impossibile confrontarsi.

Il punto serio della questione è che: non si può decidere della vita dei/delle sex workers senza ascoltare i/le sex workers. Bisogna smettere di confondere la tratta con il sex working per libera scelta. Bisogna smettere di diffondere propaganda abolizionista che non fa che definire i luoghi in cui la prostituzione è in qualche modo regolarizzata come luoghi di perdizione in cui mostruosi satiri rapiscono e stuprano le vergini. Non si può delegittimare, e talvolta diffamare, chiunque la pensi in modo diverso e dà voce ai/alle sex workers.

È una guerra che non ha mai fine e che arriva da lontano ma quel che è certo è che le abolizioniste formano una lobby potente che attraversa ogni singola istituzione e che influenza in modo diretto o indiretto le politiche in relazione al sex working. In Italia la lobby si fa sempre più accanita e per comprendere quanto sia miope e distorto il loro punto di vista basta loro chiedere: perché non riconoscete il Comitato per la difesa dei diritti civili delle prostitute, presieduto dalla bravissima Pia Covre, e perché non invitate qualcuno in sua rappresentanza quando discutete dell’argomento?

Io so già la risposta. Se non sono donne abusate, sfruttate, che vengono identificate in quanto vittime, e in quel caso è ovvio che bisogna fare qualcosa, a loro non piacciono. Vuoi mettere ergersi a paladin* delle schiave sessuali, poi legittimare l’industria del salvataggio con tutte le sue derivazioni?

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