Dopo l’ammissione della maxi frode sulle emissioni dei motori dieselVolkswagen ha deciso di accantonare 6,5 miliardi di euro a copertura dei costi che il gruppo dovrà sostenere per far fronte allo scandalo. La casa tedesca, su cui anche il ministero dei Trasporti italiano ha avviato un’indagine, spera evidentemente di raggiungere con le autorità statunitensi un accordo che permetta di ridurre la multa prefigurata dal Wall Street Journal. Secondo il quale il prezzo da pagare potrebbe raggiungere i 18 miliardi di dollari. I profitti previsti per il 2015 verranno “rivisti” di conseguenza. Nel frattempo il quartier generale di Wolfsburg ha ammesso che i problemi non riguardano solo il mezzo milione di auto che dovrà essere ritirato dal mercato Usa: in tutto il mondo i veicoli con “discrepanze” nei motori diesel sono 11 milioni. Più del totale delle auto Volkswagen vendute lo scorso anno, che sono state circa 10 milioni, e più delle macchine immatricolate in tutta Europa nei primi otto mesi del 2015, stando ai dati dell’associazione di categoria Acea.

Lo scandalo pesa su tutto il settore auto europeo – Anche martedì il titolo Volkswagen è crollato sul listino di Francoforte, dove le azioni ordinarie hanno lasciato sul campo il 16,8%. Ma a soffrire è l’intero comparto europeo dell’auto, con l’indice Stoxx Automobiles che ha ceduto il 7,3%. Le azioni di Fiat Chrysler in mattinata sono state sospese al ribasso a Piazza Affari e il gruppo ha chiuso in perdita del 5,9%. Renault-Nissan arretra a sua volta del 6,9%. Chiari segnali che sul mercato è diffuso il timore che lo scandalo possa affossare la credibilità di tutto il settore. La Borsa di Tokyo è chiusa per festività, per cui i titoli Toyota non sono scambiati, ma secondo gli analisti al contrario la casa giapponese, essendo il maggior produttore mondiale di auto ibride, dovrebbe trarre vantaggio dal “diesel-gate”. Quanto al terzo produttore mondiale, la statunitense General Motors, martedì in avvio i suoi titoli segnavano un calo del 3,14%. Continua a pesare anche la sanzione ricevuta la scorsa settimana per il caso degli airbag difettosi. Gm, tuttavia, da ora in poi trarrà vantaggio dall’ulteriore arretramento della casa tedesca negli Usa, dove già nel 2014 le sue vendite sono calate.

Nel conteggio dei costi anche le mosse per “recuperare la fiducia” – Oltre all’esborso finanziario immediato, Volkswagen dovrà fare i conti con le pesanti conseguenze di lungo periodo della truffa sulla reputazione del gruppo: il danno di immagine rischia di far sfumare la dichiarata ambizione del numero uno Martin Winterkorn di farne il primo gruppo automobilistico mondiale superando i giapponesi di Toyota. Non a caso l’ultimo comunicato di Wolfsburg cita tra le uscite previste quelle per “gli sforzi necessari per riguadagnare la fiducia dei nostri consumatori”. Va in questa direzione anche la precisazione che i nuovi veicoli Euro6 diesel attualmente distribuiti in Europa “sono conformi alle leggi e agli standard di inquinamento”. In questo quadro è inevitabile che traballi anche la poltrona di Winterkorn, che la scorsa primavera è uscito vincitore dallo scontro con l’azionista Ferdinand Piech. Secondo Tagesspiegel mercoledì il consiglio di sorveglianza gli comunicherà la decisione di sostituirlo con  il capo della Porsche Matthias Mueller. Il gruppo però ha smentito le voci liquidandole come “sciocchezze”.

L’economista: “A rischio posti di lavoro e molti subfornitori tedeschi” – Il capo dell’istituto economico tedesco Diw, Marcel Fratzscher, in un’intervista alla Bild afferma che le multe sono il meno: “Il danno all’immagine di Vw avrà gravi costi non solo sul mercato americano, ma anche a livello globale”, è la sua previsione. “Con questo saranno messi a rischio posti di lavoro e molti subfornitori in Germania”. Il primo produttore Ue ha 597mila dipendenti nel mondo, di cui 273mila in Germania. Quest’anno i lavoratori hanno ricevuto un bonus di 5.900 euro in busta paga a fronte dei 12,7 miliardi di utile operativo messi a segno dal gruppo.

Berlino teme impatto sull’export e crea commissione di inchiesta – Il governo di Berlino teme ripercussioni sull’intero export, ovvero la componente che da anni traina il prodotto interno lordo della locomotiva europea: il ministro degli Esteri della Germania, Frank-Walter Steinmeier, ha detto che serve un chiarimento immediato da Volkswagen per evitare che a pagare per lo scandalo negli Usa sia “l’insieme degli esportatori tedeschi”. La cancelliera Angela Merkel ha auspicato che “i fatti siano messi sul tavolo il più velocemente possibile” e il ministro dei Trasporti, Alexander Dobrindt, ha annunciato la creazione di una commissione d’inchiesta ad hoc che si recherà già questa settimana a Wolfsburg.

Ue “pronta a andare fino in fondo”. Ma non ha competenze. Francia avvia inchiesta – Intanto si apre il fronte europeo. La Commissione Ue è “pronta ad andare fino in fondo” sul caso delle emissioni falsificate del gruppo tedesco, ha detto una portavoce dell’esecutivo Ue. Che però, a differenza di quanto avviene nell’ambito della concorrenza, non ha il potere di aprire direttamente un’inchiesta su scala europea su eventuali frodi dei produttori sulle emissioni dei veicoli. Bruxelles infatti definiscee i limiti, ma le competenze su applicazione e controllo delle norme spettano agli Stati membri. Sono quindi i singoli paesi a dover avviare le eventuali indagini. Bruxelles può solo dare “impulso politico” ai 28. E intende farlo convocando, a inizio ottobre, le autorità nazionali di omologazione “per discutere la questione con loro, nel dettaglio”, come ha dichiarato la portavoce per il mercato interno Lucia Caudet. Pare insomma che la Commissione non intenda accontentare Parigi e Londra che, per bocca del ministro francese delle Finanze Michel Sapin e del segretario britannico ai Trasporti Patrick McLoughlin, chiedono un’indagine su scala europea sul rispetto da parte delle case automobilistiche dei limiti sulle emissioni inquinanti. Il governo francese si è comunque già mosso annunciando il lancio di “un’inchiesta approfondita” sullo scandalo.

Il ministero dell’Ambiente: “Valutare stop vendite anche in Italia se dati alterati” – Il governo italiano si è mosso chiedendo spiegazioni sul caso: il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha interpellato sia il Kraftfahrt-Bundesamt, maggiore omologatore delle auto Volkswagen, sia il costruttore. Che nei primi sei mesi del 2015 ha venduto nella Penisola più di 114mila auto, in crescita del 10% rispetto allo stesso periodo del 2014. Il ministero chiede di “conoscere se il medesimo illecito, avvenuto negli Usa dove vigono però regole differenti per la omologazione, risulti essere praticato su omologazioni della stessa autorità tedesca per l’Europa e se i veicoli sono stati commercializzati in Italia”. Il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, in una lettera indirizzata all’amministratore delegato e direttore generale di Volkswagen Italia Massimo Nordio, chiede poi di valutare lo stop delle vendite e il ritiro delle vetture se emergeranno anche nella Penisola casi di dati alterati. “Ho appreso con preoccupazione le risultanze delle indagini e le chiedo di volermi fornire elementi oggettivi che nelle autovetture commercializzate in Italia non siano stati installati accorgimenti tecnici analoghi volti ad alterare i dati emissivi da test rispetto alla realtà”, scrive il ministro. Sollecitando il gruppo, “qualora necessario”, a “assumere analoghe iniziative già intraprese per il mercato americano anche a tutela dei consumatori italiani che hanno fatto affidamento sul marchio Volkswagen”.

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