Cinque anni alla guida della Procura di Bologna, e un futuro alla guida della Procura generale di Milano. Roberto Alfonso lascia il capoluogo emiliano, ma lo fa denunciando l’omertà che ha accompagnato le inchieste che hanno riguardato la politica. E lo fa senza giri di parole: “Ho la sensazione che non ci sia stata collaborazione. Non abbiamo mai avuto una persona che sia venuta in Procura a raccontare, diversamente da quanto avvenuto in altri uffici del Paese. Sarebbe stato utile avere qualcuno che, ad un certo punto, parlasse e raccontasse se c’è un sistema che non funziona, corruttivo“. “Vuol dire evidentemente che tutto va bene. Ne prendo atto”, ha aggiunto in tono sarcastico.

Numerose le indagini che hanno riguardato la pubblica amministrazione sotto la sua guida: da quelle sulle spese dei consiglieri regionali, alle inchieste che hanno portato alle dimissioni di Flavio Delbono prima e di Vasco Errani poi dai ruoli di sindaco di Bologna e di presidente della Regione. “I reati di pubblica amministrazione sono gravissimi, al pari di quelli di criminalità organizzata, meritano un contrasto forte ed efficace”, ha aggiunto.

Non solo corruzione. Anche mafia. Come in “Aemilia“: l’operazione della Dda che ha smantellato i rapporti tra politica, imprenditoria e ‘ndrangheta in Emilia Romagna. “Il momento più alto e importante nel contrasto alla criminalità organizzata nel distretto”, lo ha definito il magistrato siciliano nel suo discorso dove ha toccato alcuni dei temi che hanno accompagnato i cinque anni alla Procura di Bologna. Alfonso ha fatto un accenno anche al rapporto tra Procura e media, talvolta burrascoso: “Sono stati tempi difficili, il rapporto non sempre sereno, ci sono stati momenti di contrasto. Ma questo è dovuto al mio profondo rispetto dei ruoli, dei giornalisti e del procuratore della Repubblica”.

Ma il magistrato si è soffermato anche sui tagli che hanno riguardato la Procura che non può più pagare la benzina delle auto in dotazione all’ufficio per “mandare i sostituti procuratori della Dda a rappresentare l’accusa nei tribunali della Regione”.

Infine, una riflessione sulla Strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna: “Abbiamo sempre lavorato su tutto, non abbiamo mai trascurato nulla” e anche sul nuovo dossier presentato dall’associazione dei familiari delle vittime dell’attentato che chiedono di arrivare ai mandanti “faremo gli accertamenti che è necessario fare”.

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