L’Aula della Camera ha approvato la legge di Stabilità con 307 voti favorevoli, 116 voti contrari e 2 astenuti.  La manovra è diventata legge dopo una giornata di tensioni. Con questo voto, dopo quello al Senato all’alba di sabato, diventa operativo il ddl uscito dal consiglio dei ministri del 15 ottobre e modificato nell’esame parlamentare. L’ultimo iter della legge di stabilità a Montecitorio è stato però caratterizzata dal colpo di coda del Movimento 5 Stelle, in una delle giornate più lunghe per i grillini che hanno dovuto vedersela anche con la fuoriuscita dalle loro file di tre parlamentari.

Banchi del governo occupati e sette deputati del Movimento 5 stelle espulsi dall’Aula.
La legge di stabilità, dopo la maratona notturna nel weekend per l’approvazione di un testo che i senatori non avevano nemmeno visto prima del voto, è quindi stata approvata a Montecitorio. Ed è stata l’ennesima corsa contro il tempo tra gli attacchi delle opposizioni. Il vicepresidente Roberto Giachetti ha cacciato il gruppo di grillini che protestavano e ha interrotto la seduta. Nel pomeriggio altri sette portavoce sono stati buttati fuori invece da Laura Boldrini dopo aver mostrato il cartello “governo d’azzardo”: “In questo comportamento”, ha detto la presidente di Montecitorio, “non c’è niente di eroico”. L’esecutivo per il momento ha deciso che non metterà la fiducia e l’ok finale e definitivo al testo dovrebbe arrivare nelle prossime ore.

“Mi auguro che si chiuda entro il 23 dicembre”, aveva detto il ministro Maria Elena Boschi, “altrimenti torneremo a lavorare nei giorni successivi. Non credo metteremo la fiducia, andremo avanti votando gli emendamenti”. Intanto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha difeso ancora il provvedimento: “Ci saranno”, ha detto al Tg1, “meno tasse, più reddito, consumi, quindi più lavoro”. Il capogruppo Pd Roberto Speranza ha invece criticato i 5 stelle: “Non c’è proprio limite al peggio e lo spettacolo indecoroso inscenato anche oggi dai grillini è davvero di quart’ordine . Se ci riescono, ragionino e provino a fare opposizione e non show inutili e fintamente muscolari per tentare disperatamente di conquistare un’apertura di tg”.

Chi ha deciso di continuare con l’ostruzionismo del Movimento 5 stelle.
Nel giorno in cui il deputato M5S Christian Iannuzzi si è dimesso dal Parlamento con i due senatori Giuseppe Vacciano e Ivana Simeoni, sette dei loro colleghi a Montecitorio – Davide Tripiedi, Ferdinando Alberti, Massimo Baroni, Luca Frusone, Gianluca Rizzo, Tatiana Basilio e Alessio Villarosa – hanno occupato i banchi del governo mentre era in corso la discussione. Nel pomeriggio è stato il turno di Vittorio Ferraresi e Michele Dell’Orco e poi di Ivan Della Valle, Paola Carinelli, Dalila Nesci, Gianluca Vacca e Federico D’Incà. In contemporanea in largo Goldoni, a due passi da Montecitorio, si sono ritrovati una ventina tra deputati e senatori M5s per un sit-in di protesta.

Oltre a distribuire un volantino contro il “pacco di Natale” del governo che nella legge di stabilità ha confezionato “grandi regalie e marchette per politici e imprenditori amici”, i parlamentari M5S si sono seduti davanti ad un albero di Natale e hanno letto ad alta voce una sorta di ‘pasquinata’ dall’eloquente titolo “Il governo marchettaro”. In Aula ha protestato l’ex capogruppo Villarosa: “I presidenti delle Camere dovrebbero rendere onorevole il loro ruolo: vengono dati milioni alla difesa e vengono tolti i soldi per gli sgravi. A questo punto siamo pronti a tutto”.

Ostruzionismo, dimissioni spontanee e polemiche.
Ostruzionismo a tutti i costi come ai vecchi tempi per i 5 Stelle, ma tra dimissioni spontanee e polemiche non mancano i problemi interni. L’ultimo intoppo è successo poche ore fa in commissione Bilancio: i deputati grillini hanno mandato la diretta pirata dei lavori, “per rendere consapevoli i cittadini – spiegavano – delle porcate e delle marchette che stanno inserendo nel testo”. Ma lo streaming si è trasformato in un vero e proprio boomerang. Il deputato Aris Prodani ha preso infatti la parola in commissione denunciando i colleghi: “Il mio gruppo – ha affermato – mi ha impedito di svolgere il mio ruolo di parlamentare. Ho presentato due emendamenti concordati con i consiglieri di Trieste, ma non sono mai stati trasmessi alla commissione.

Per questo, mi vedo costretto a sottoscrivere due emendamenti” della Lega Nord. “Prendo atto che il mio gruppo mi ha impedito di fare il mio lavoro”. La grana nasce attorno a un emendamento, inserito dal Pd al Senato, che prevedeva di ‘sdemanializzare’ il porto vecchio di Trieste aprendo alla possibilità di spostare il punto franco. Una questione molto sentita a Trieste. Prodani, considerato una delle voci critiche del Movimento, concorda con i consiglieri M5S triestini “due emendamenti uno abrogativo, l’altro invece cercava di limitare i danni”.

Ma non solo il Movimento 5 stelle continua a criticare la manovra. “La situazione dei professionisti italiani”, ha detto il senatore di Forza Italia Andrea Mandelli, “è sempre più allarmante. Con questa legge di stabilità la situazione è persino destinata a peggiorare: la soluzione trovata per la tassazione di fondi pensione e Casse previdenziali è ampiamente insoddisfacente mentre il nuovo regime forfettario e l’aumento dei contributi Inps si configurano come una stangata per tantissimi autonomi. Ecco il pessimo trattamento che il governo del cambiamento ha deciso di riservare ai professionisti e, in particolare, ai più giovani tra loro”.

I punti cardine restano quelli voluti dal governo.
I punti cardine restano quelli voluti dal governo, che su alcune misure non ha accettato compromessi. A partire dal bonus da 80 euro che viene reso strutturale per la platea inizialmente prevista, quella dei lavoratori dipendenti compresi tra gli 8.000 e i 24.000 mila euro di reddito annuo. C’è poi lo stop ai rincari di Tasi e canone Rai fino al rinnovo dell’ecobonus, sono molte le norme che influiranno sulla vita delle famiglie. Così come sull‘attività d’impresa e sul mondo del lavoro: il governo ha infatti puntato sin da subito sugli sgravi Irap sul costo del lavoro, cavallo di battaglia del mondo imprenditoriale, per facilitare la vita alle aziende e, allo stesso tempo, per favorire le assunzioni a tempo indeterminato. Una misura specifica è stata pensata anche per le partite Iva, escluse già quest’anno dal bonus da 80 euro. Il regime forfettario sale al 15% ma la platea si allarga ai redditi tra i 15.000 e i 40.000 euro. Nuove soglie che però non sono piaciute al Parlamento che da destra, con Forza Italia e Fratelli d’Italia, a sinistra, con Cesare Damiano del Pd, hanno criticato il “giro di vite” di un governo che degli autonomi “si interessa ancora poco”.

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