Dai corridoi bolognesi di Palazzo Fava ad una caserma dei carabinieri di Roma. Vittorio Sgarbi ha annunciato querela a tutti gli oltre 130 professori universitari ed esperti del settore artistico internazionale che hanno firmato un appello pubblico dalle pagine web di Italia Nostra-Bologna contro la sua mostra “Da Cimabue a Morandi” presentata alcuni giorni fa proprio nel capoluogo emiliano.

L’esposizione che aprirà i battenti nel prossimo febbraio 2015 metterà in mostra, secondo il gruppo di docenti capitanati da Daniele Benati, in uno spazio museale “privato” – Palazzo Fava, museo del percorso Genus Bononiae ideato dall’ex rettore dell’Unibo Fabio Roversi Monaco – alcune opere importanti già visitabili nelle sale dei musei civici di Bologna: L’Estasi di Santa Cecilia (1514) di Raffaello ospitata alla Pinacoteca Nazionale; la Maestà di Santa Maria dei Servi del Cimabue (1280-1290) ammirabile nelle stanze della Chiesa dei Servi e in un primo momento anche il quadro di Vitale da Bologna, sempre in Pinacoteca, di San Giorgio e il Drago, che però non verrà più spostato. Inoltre, sempre secondo il manifesto firmato in rete anche, tra gli altri, da Carlo Ginzburg della Normale di Pisa, Keith Christiansen del Metropolitan di New York, Bruno Toscano della Fondazione Longhi, Steven Ostrow dell’Università del Minnesota, la mostra “è priva di alcun disegno storico e della benché minima motivazione scientifica, un insulto alle opere, trattate come soprammobili e all’intelligenza del pubblico”.

“Ci ha querelati tutti e 130? Ma vi pare? Finirà in niente”, risponde divertito il professor Benati a ilfattoquotidiano.it. “Noi stiamo facendo una battaglia di civiltà in nome dei musei pubblici della città vilipesi da iniziative come queste e dalle scelte degli amministratori. Perché l’assessore alla cultura invece di battersi per salvare e rilanciare i musei civici, acconsente che si spostino opere d’arte da questi in strutture private?”. “Non ho un’idea di centralismo culturale e amministrativo come nel Ventennio o nella Russia stalianiana – risponde l’assessore comunale alla cultura di Bologna, Alberto Ronchi – le istituzioni pubbliche devono dare un indirizzo, poi la costruzione delle singole iniziative si fa anche con i singoli privati, come Genus Bononiae o con i tanti altri soggetti privati con cui collaboriamo”.

Il caso era finito all’attenzione del ministro della cultura, Dario Franceschini, di passaggio a Bologna il 2 dicembre. Invitato dai 130 professori ad annullare la mostra ha risposto: “Che strumenti ho per farlo? Ci mancherebbe altro, non è nemmeno una mostra del ministero”. “Ho già dato mandato al mio avvocato per la querela a tutti i firmatari”, conferma al telefono Vittorio Sgarbi che circa un anno fa ha ideato la mostra assieme al direttore dei musei bolognesi, Gianfranco Maraniello e a Roversi Monaco. “Non pensavo che l’invidia e le meschinità locali arrivassero fino a questo punto nelle offese personali. Il quadro di Raffaello è stato prestato anche ad un museo di Parigi ma nessuno ha protestato. Io ci metto anche un mio quadro di Niccolò Dall’Arca – chiosa il critico d’arte ferrarese – Infine ho denunciato Benati ai carabinieri di Roma, come persona informata dei fatti, e per omissione di tutela sulla Madonna di Annibale Carracci venduta alla casa d’aste viennese Dorotheum a poco meno di 400mila euro”.

“Non so di cosa parli Sgarbi, cerca solo di metterla sul personale anche se siamo amici – conclude Benati – il punto è che Genus Bononiae da fondazione culturale di supporto è diventata una diretta concorrente dei musei pubblici prendendone opere e sottraendo quindi visitatori nelle sale dei civici. Non vorrei arrivassimo tra un po’ – conclude ironizzando Benati – ad un’esposizione di quadri dei musei pubblici in mezzo alla strada sotto le Due Torri”.

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