Ospito il contributo di un caro amico, Cecco Bellosi, responsabile del gruppo nazionale carcere del Cnca. Cecco conosce a fondo il sistema penale nel nostro Paese e sul tema delle garanzie e dei diritti dei detenuti è una voce autorevole, anche perché ha trascorso una decina d’anni nelle galere della Penisola. Quella che segue è la seconda parte di tre. L’ultima parte, che uscirà a distanza ravvicinata, approfondirà l’attuale situazione delle carceri e tratteggiano i possibili orizzonti futuri. 

Al 31 dicembre 2013 i detenuti in Italia ammontavano a 62.536, a fronte di una capienza regolamentare, secondo il ministero della Giustizia, di 47.709 posti. Una ricettività smentita da associazioni come Antigone e A buon diritto, che parlano di una capienza non superiore a 40.000 posti.

Il sovraffollamento è determinato dal numero elevato di ingressi in carcere, dalla difficoltà per molti a fruire delle misure alternative e dagli insufficienti luoghi di accoglienza una volta terminata la pena. Troppe persone entrano in prigione per la presenza di leggi carcerogene.

In particolare, la Bossi-Fini, che condanna al carcere gli immigrati che non rispondono al decreto di espulsione; la Fini-Giovanardi, che unisce tutte le sostanze in un’unica tabella e mette chi le detiene nella condizione di dover dimostrare che si tratta di uso personale; la ex Cirielli, che, negando le attenuanti generiche per i recidivi, in particolare per reati di piccolo conto, contribuisce in maniera drammatica a riempire le prigioni senza dare alcuna possibilità di inserimento sociale a chi ne ha più bisogno.

Ora, la Corte Costituzionale ha sancito l’incostituzionalità della Fini-Giovanardi e il Parlamento ha abolito il reato di clandestinità: gli effetti si sono visti subito con il passaggio da 60.197 detenuti a marzo 2014 a 54.414 al 31 luglio 2014.

Entrando nel merito dei reati per cui le persone sono in carcere, 33.965 detenuti (di cui 9.752 stranieri) sono accusati o condannati per reati contro il patrimonio; 24.273 (di cui 9.343 stranieri) per violazione della legge sulle droghe; 23.897 (di cui 7.375 stranieri) per reati contro la persona. I detenuti per violazione della legge sulle droghe sono oltre un terzo del totale, a fronte del 15% della media europea. In Germania, vi sono ottomila detenuti per violazione della legge sulle droghe e ottomila per reati di carattere finanziario e fiscale; in Italia quasi venticinquemila per droga e 156 per reati finanziari e fiscali…

Le stime più selettive sostengono che almeno un sesto dei detenuti nelle carceri italiane è tossicodipendente o con problematiche connesse al consumo/abuso di droghe. Utilizzando questo parametro, si arriva a oltre 10.000 detenuti con problemi di tossicodipendenza, buona parte dei quali potrebbe accedere a misure alternative. 

Sì, perché in teoria, ci sono diverse possibilità per le persone tossicodipendenti e alcoldipendenti che si trovano in carcere, in attesa di giudizio o condannate in via definitiva, per poter beneficiare di opportunità alternative allo stato di detenzione: affidamento terapeutico, affidamento provvisorio in attesa di camera di consiglio, detenzione domiciliare, arresti domiciliari. In pratica, la situazione è molto più complessa.

Molti detenuti non escono dal carcere anche se ne avrebbero diritto. I motivi della parziale applicazione del dispositivo legislativo sono molteplici: la scarsa informazione tra i carcerati (in particolare stranieri); la parziale assenza di copertura giuridica da parte degli avvocati difensori; l’esiguità temporale di molte condanne; il debole investimento dei servizi; la scarsa dotazione di risorse umane e finanziarie; la propensione delle Asl a spendere poco in questo tipo di settore; l’esiguità delle rette riconosciute alle comunità terapeutiche in molte Regioni; la fatica di molte comunità ad accogliere persone provenienti dal carcere; l’orientamento della magistratura di merito e di buona parte della magistratura di sorveglianza, teso a privilegiare, oltre alla detenzione in carcere, gli arresti domiciliari e la detenzione domiciliare in comunità terapeutica, all’interno di una logica e di un trend sempre più restrittivi.

Questo stato di fatto comporta che migliaia di detenuti tossicodipendenti e alcoldipendenti siano attualmente in carcere, quando potrebbero fruire di percorsi di cura all’esterno. 

Oggi la riforma del sistema carcerario s’impone per la paura delle sanzioni europee. La sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dell’8 gennaio 2013, conosciuta come sentenza Torreggiani, condanna l’Italia per violazione dell’articolo 3 della Convenzione Europea, vale a dire per trattamenti inumani e degradanti. Alla Corte Europea avevano fatto ricorso sette detenuti che disponevano di meno di tre metri quadrati per cella come spazio personale. Una situazione che riguardava migliaia di loro e che avrebbe comportato una sanzione di circa quattro miliardi di euro se non adeguatamente affrontata, come più volte dichiarato dalla ministra Cancellieri a capo del Ministero della Giustizia durante il Governo Letta.

Diritti e garanzie nel sistema penale / 1: riforme e controriforme

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