Nella testa dei ‘padroni’ a cosa serve davvero l’abolizione dell’articolo 18? Che sia un incentivo ad assumere è tutto da dimostrare. Già oggi ci sono tanti contratti che permettono alle imprese di provare il lavoratore in un lungo fidanzamento fatto di co.co.co.co.co.pro. e contratti a termine sempre più lunghi. Nessun imprenditore sensato rinuncia dopo questo lungo ‘fidanzamento’ a ‘sposare‘ un collaboratore di cui ha bisogno solo perché teme un ‘divorzio impossibile‘. Le aziende non assumono per lo stato comatoso della domanda interna. In un momento di crescita aumentano i loro organici con o senza l’articolo 18 anche perché conoscono bene i trucchi per liberarsi della forza lavoro inutile nei momenti di crisi. L’Italia è piena di ex dipendenti garantiti finiti sulla strada a seguito della cessione di un ramo di azienda a una società meno affidabile che poi li ha fatti scivolare lentamente verso la disoccupazione.

In questi casi l’articolo 18 serve a poco e infatti sono poche migliaia i casi di licenziamenti impugnati agitando davanti ai tribunali lo spettro dello Statuto dei lavoratori.

La verità è che nell’ottica del ‘padrone’ l’abolizione dell’articolo 18 non serve per i dipendenti da assumere né per quelli da cacciare ma per i lavoratori che in azienda ci sono e ci resteranno. E’ inutile girarci attorno l’equilibrio dei poteri tra dipendente e padrone si sposta dalla parte del datore di lavoro quando questi sa di avere in mano il potere di licenziare. Gli interessi contrastanti tra chi assume e licenzia e chi dipende dal salario per il suo sostentamento non possono essere nascosti sotto le belle parole.

Lo stesso confronto, con o senza l’articolo 18, assume un significato diverso. Se il lavoratore sa di potere essere licenziato senza giusta causa ne terrà conto in ogni trattativa e così il potere del sindacato scemerà mentre aumenterà reciprocamente il potere degli imprenditori. Nessuno tra i tanti manager e padroncini illuminati che si alternano nei talk show per difendere la scelta di Matteo Renzi lo ammetterà mai ma quello che cambia non è tanto la flessibilità in entrata o in uscita ma la flessibilità del dipendente alle richieste del datore di lavoro.

Si tratta di una verità tanto banale quanto nascosta nel dibattito di questi giorni. Per toccare con mano cosa significhi in concreto l’abolizione dell’articolo 18 ricorrerò a un episodio che mi è accaduto quando ero rappresentante sindacale dei giornalisti di una radio di un grande gruppo. Un giorno vengo convocato come membro del comitato di redazione dal direttore del personale. Con grande delicatezza il manager in giacca e cravatta mi spiega che l’azienda ha deciso di installare alcune web cam negli studi radiofonici per trasmettere su Internet in diretta le immagini della radio. Per una decina di minuti buoni mi spiega che l’azienda spera di coinvolgere gli ascoltatori facendoli entrare nel cuore della nostra emittente e che non c’è alcuna intenzione di effettuare un controllo delle performance lavorative. Aggiunge che gli dispiaceva tanto se questo gesto, magari da loro comunicato male, era stato interpretato dai miei colleghi in tal senso. Il capo del personale, con estremo tatto, aggiungeva che comunque, se i giornalisti non avessero voluto la videocamera, sarebbe stata spenta. Insomma la società cercava un confronto costruttivo e… bla bla bla.

A un certo punto del discorso capisco l’equivoco: nessuno di noi giornalisti aveva sollevato il problema. In fondo entravamo nello studio radiofonico solo per pochi minuti al momento dei giornali radio. Nemmeno ci eravamo accorti della web cam. Appena il capo del personale comprese che il problema non era stato sollevato da giornalisti con contratto come me ma da conduttori che erano semplici collaboratori con contratti di tipo diverso, ci mise 5 secondi a chiamare il suo assistente. La voce melliflua con la quale mi chiedeva il consenso a installare le camerine sparì: “Devi dire a questi signori che se gli va bene è così altrimenti se ne possono anche andare domani”. Dopo avere attaccato si rivolse a me riassumendo i toni del manager democratico: “Ovviamente per voi giornalisti è diverso. Se la vostra assemblea delibererà di non accettare la videocamera darò disposizioni che venga spenta durante i giornali radio”.

Ogni volta che sento parlare di abolizione dell’articolo 18 mi ricordo la differenza tra i due toni di voce.

 

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