Eliminare la norma “anti-inquisiti” dal regolamento per le consultazioni online del Movimento 5 Stelle in vista delle elezioni regionali che in Emilia Romagna stabiliranno il successore dell’ex governatore Vasco Errani, dimessosi in seguito a una condanna penale nell’ambito della vicenda Terremerse. L’opzione, cioè, che escluderebbe dalla campagna elettorale (che si concluderà  il 23 novembre prossimo) il capogruppo pentastellato di viale Aldo Moro Andrea Defranceschi. Che pure, nonostante il parametro introdotto da Beppe Grillo proprio in occasione della tornata elettorale in Emilia Romagna come in Calabria, ha deciso di candidarsi comunque alla presidenza della Regione. “Sì, mi sono candidato – spiega Defranceschi – Per la precisione, ho cliccato in automatico appena aperte le liste, prima di far caso all’introduzione del nuovo parametro di selezione. Quello di inquisito. Il mio casellario giudiziale è pulito, vi vengono iscritti solo procedimenti penali in corso, cosa che io non ho”.

E’ partito dal Movimento 5 Stelle di Monzuno, in provincia di Bologna, ma sta già raccogliendo consensi a livello nazionale, l’appello rivolto a Beppe Grillo per cancellare, dal regolamento della selezione online dei candidati alla presidenza dell’Emilia Romagna (iniziate il 10 settembre scorso) e della Calabria, la voce che esplicita “che al momento della candidatura e durante l’intero mandato il candidato non dovrà avere riportato condanne in sede penale, né essere inquisito”. E che, quindi, estrometterebbe dalla competizione Defranceschi, indagato dalla Procura della Repubblica di Bologna, assieme ai capigruppo di tutti i partiti eletti in Regione (in carica tra la metà del 2010 e la fine del 2011), con l’ipotesi di reato di peculato, nell’ambito dell’inchiesta ‘spese pazze’, ormai alle battute finali.

L’introduzione della condizione di ‘inquisito’ fra i criteri che sbarrano l’accesso alle candidature, interpretata da molti, dentro il Movimento, come ‘ad personam’ proprio per escludere Defranceschi, “non ci trova d’accordo – spiegano gli attivisti di Monzuno – perché è discrezionale e mai applicata in precedenza. Si è sempre parlato di fedina penale pulita e di non avere carichi pendenti. Come sarebbe possibile, da parte dello staff, garantire che venga rispettata tale regola nel momento in cui sul casellario giudiziale non sono riportati eventuali procedimenti ancora nella fase delle indagini preliminari?”. Tale condizione, poi, prosegue la nota, “non è stata sottoposta a voto fra gli iscritti. Chiediamo quindi che venga introdotta, eventualmente, solo a seguito di una votazione generale, e che fino a quel momento vengano bloccate le candidature o mantenute con i medesimi requisiti delle precedenti votazioni”.

L’appello circola tra gli attivisti emiliano romagnoli già da qualche giorno, e a lettera inviata sono arrivate le prime adesioni da parte di eletti e parlamentari. Uno dei primi a esprimersi a favore della cancellazione della norma “anti – inquisiti” è l’eurodeputato Marco Affronte, a sua volta critico circa le modalità con cui l’opzione è stata inserita nel regolamento. “Se si vogliono cambiare le regole per consultazioni online la decisione va condivisa – spiega a ilfattoquotidiano.it – non lo si può fare da un giorno all’altro, in corsa. Nelle altre primarie questo principio non c’era. Non voglio pensare che sia stata fatta per far fuori Defranceschi, che comunque non ha ricevuto alcuna notifica dalla Procura, ma in ogni caso penso sia una regola pericolosa: essere indagati non significa nulla e si rischia che se un domani uno voglia far fuori un candidato, basta che presenti una denuncia anche inventata”.

Critica sulle modalità con cui la nuova regola è stata introdotta dal Movimento nazionale anche la deputata a 5 Stelle Mara Mucci, che sul tema chiede “un dibattito interno”. “Posso anche essere d’accordo sulla norma anti inquisiti – spiega – tuttavia prima ci vuole una discussione sull’argomento. Ma essere indagato non è come essere condannato”. Dello stesso parere la collega deputata a 5 Stelle Giulia Sarti: “Ci siamo sempre battuti per trovare candidati con la fedina penale pulita – spiega a ilfattoquotidiano.it – è un principio che abbiamo sempre rispettato, quindi era ovvio che questa norma aprisse un dibattito. Può essere sacrosanta, ma il punto è che spesso una persona non sa se è indagata o meno, come nel caso di Defranceschi”.

Per questo lo stesso Defranceschi ha deciso di farsi avanti. “La nuova norma è necessaria ma scivolosa – spiega – perché ci espone al ricatto da parte di tutti i partiti e politici che attacchiamo: se ti voglio far fuori ti querelo così non ti candidi. Se ben regolato invece, è un parametro prezioso”. Tuttavia, precisa il capogruppo pentastellato, “per quanto mi riguarda non ho dubbi sul mio operato e qualora risultassi effettivamente indagato in quanto capogruppo, va precisato che è un atto d’ufficio obbligatorio se si vuole accedere al bilancio di un gruppo consiliare, di cui io sono responsabile penalmente. Sono certo tuttavia che si risolverà in un nulla di fatto”.

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