Pagare per lavorare gratis, in nome dell’arte. Monta sul web la protesta dei lavoratori dell’arte e dello spettacolo, spesso giovani e precari, che avevano raccolto con entusiasmo la possibilità di realizzare eventi speciali in occasione della nuova iniziativa del ministero dei Beni e delle attività culturali, #VenerdìalMuseo. Versione estiva delle Notti dei Musei.

Da inizio luglio tutti i venerdì sera i principali musei e luoghi archeologici statali restano aperti due ore in più, dalle 20 alle 22 per mettere in mostra la “creatività nazionale”. In tanti hanno scaricato l’apposito avviso pubblico che porta la firma del direttore generale del Mibact, Anna Maria Buzzi. Pronti a candidarsi. Ma hanno trovato brutte sorprese, scoprendo che la loro attività sarebbe “a titolo gratuito in favore del ministero”, e che dovrebbero dotarsi di una “polizza assicurativa di responsabilità civile per danni”. Non finisce qui: ai “fortunati” toccherebbe anche il rispetto di “tutte le norme che disciplinano la realizzazione di eventi da svolgersi in luogo pubblico”. In pratica, l’accollo di tutte le onerose spese Siae. Con tariffe fisse di diritti d’autore dai 73.40 ai 425.80 euro. In Italia lavorare nella cultura costa.

“Il ministero chiama a raccolta tutti gli operatori culturali per organizzare eventi che rendano più appetibile una propria iniziativa. Questo non prevede però solo la beffa di essere a titolo completamente gratuito, ma anche il danno di prevedere una serie inspiegabile di oneri a carico degli operatori culturali stessi – ha scritto in una lettera aperta, condivisa da migliaia di utenti Facebook, il violoncellista Michele Spellucci-. Ora, con tutto il cuore, Signor Franceschini, le chiedo: con quale coraggio?”. E dire che proprio il ministro della cultura Dario Franceschini aveva parlato di “un’iniziativa che avvicina ulteriormente i musei italiani agli standard europei”. E che agli inizi del suo mandato aveva affermato, facendo il verso all’ex ministro Tremonti: “Con la cultura si mangia”.

“A questo punto ci chiediamo: qual è il valore che si vuole dare agli artisti in questo Paese? Devono ridursi a suonare o ad esibirsi nelle piazze chiedendo un euro a cittadini volonterosi, oppure danzare e suonare gratis alle iniziative del ministero che è impegnato a diffondere la cultura? E la cultura si diffonde così?” – dichiara   Emanuela Bizi, segretaria nazionale della Slc Cgil. Nel frattempo l’avviso pubblico della discordia è sparito dal sito web del ministero.

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