Matteo Salvini ha resuscitato la Lega Nord. Con oltre 330 mila preferenze personali è in testa alle classifiche dei più votati, traghettando il Carroccio al 6,16%, un dato che va oltre ogni più rosea aspettativa e che consegna al segretario federale un bagaglio di un milione e 686 mila voti. Ha pagato, dunque, la politica del No deciso all’euro e l’alleanza con le destre euroscettiche degli altri paesi del continente (come quella con la Le Pen).

Il dato leghista, spinto in alto anche dall’astensionismo, è frutto soprattutto del forte risultato ottenuto soprattutto nelle circoscrizioni Nord Ovest (11,71%) e Nord Est (9,93). Sono il Veneto e la Lombardia a ridare peso e sostanza ad un partito che a detta di molti analisti era ormai morto e sepolto. In Veneto ha incassato il 15,2%, in Lombardia il 14,61%, seguono con un certo distacco le altre regioni del nord, con il Friuli al 9,3%, Piemonte e Trentino poco sopra ai sette punti e mezzo, Valle d’Aosta al 6,8%, Emilia Romagna e Liguria poco sopra al 5%.

Sono soprattutto le roccaforti storiche a essere tornate in maniera massiccia al voto leghista. Nella pur piccola provincia di Sondrio la Lega è il primo partito con il 33,88%, riuscendo a battere di un soffio (meno di 2000 voti il distacco) il miracoloso Pd di Renzi. Ma è il 20,49% della provincia di Bergamo il risultato più sorprendente, spinto forse anche dalla campagna per le amministrative che nel capoluogo orobico ha visto la Lega combattere con il coltello tra i denti contro la candidatura dell’ex spin doctor di Renzi, Giorgio Gori. Buona l’affermazione in provincia di Brescia (è il secondo partito con il 18,73%), a Varese e Como invece la Lega si ferma al 16,6, mancando il sorpasso di Forza Italia. Resta sotto al 10% in provincia di Milano. In Veneto il dato complessivo è stato trainato soprattutto dai buoni risultati in provincia di Verona (19,14), Treviso (18,12) e Vicenza (17,69).

Niente a che vedere con il risultato delle ultime elezioni europee, quelle del 2009, quando la Lega di Umberto Bossi fece il botto rastrellando in tutto il nord oltre 3 milioni di voti e il 10,22%. Ma quella era un’altra storia. Tra allora e oggi ci sono di mezzo anni di scandali, la rottamazione del leader storico, la pulizia interna e soprattutto uno scenario complessivo che ha visto una radicale trasformazione del panorama politico. La comparsa del Movimento Cinque Stelle aveva drenato molti voti leghisti nei mesi degli scandali interni. Voti che in una certa misura potrebbero essere tornati all’ovile. Un dato che trova conferma nel fatto che laddove la Lega è più forte a soffrirne è soprattutto il Movimento cinque stelle, che nelle province più leghiste totalizza risultati anche parecchi punti al di sotto della media nazionale.

Anche nelle logiche degli equilibri interni al partito, per Matteo Salvini quello di domenica è stato quasi un plebiscito. Ha dimostrato di avere i numeri per fare il segretario federale, tanto che anche nella circoscrizione Nord-Est ha battuto Flavio Tosi nella competizione per la conquista delle preferenze (99 mila per il sindaco di Verona, più di 108 mila per Salvini).

Ora il segretario del Carroccio, che è stato tra i primi a spingere in maniera convinta sui temi dell’euroscetticismo in chiave anti-Merkel e anti-Euro, spara ad alzo zero sulla moneta unica: “Martedì avremo già la prima riunione di lavoro a Bruxelles con Marine Le Pen e con quella che sarà l’alleanza principale, alternativa a socialisti e democristiani”, aggiungendo poi che “l’Euro ha le ore contate, dobbiamo organizzarci per il dopo”. E sul fronte interno non ha dubbi “Renzi è un fuori quota, ha preso i voti sulle promesse, vedremo quante ne manterrà. Penso di essere una speranza per il centrodestra, vado a Bruxelles in buona compagnia”, aprendo al dialogo con Fratelli d’Italia.

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