“La Coppa della Vergogna” titola lo spagnolo Marca. “La violenza rovina la finale italiana”, scrivono Guardian e Cnn. “Il Napoli vince una coppa marchiata da armi da fuoco” per Le Monde. Il resto del mondo si interroga su quanto sia sceso in basso il calcio italiano, al di là del ranking Uefa che è comunque uno specchio di questo declino, e non riesce a darsi spiegazioni. La figuraccia è stata in mondovisione. Se prefetto e questore trattano per lunghi, lunghissimi minuti, con un capo della curva mentre in tribuna autorità ministri e presidenti del calcio e dello sport italiano assistono basiti e impotenti a quanto accade, l’immagine è chiara: in Italia la dialettica del potere è tra forze dell’ordine e criminalità, più o meno organizzata, la politica ne è completamente tagliata fuori. Il ministro degli Interni è Genny ‘a carogna, scrivono oggi i quotidiani.

Ironia, fino a un certo punto. All’estero queste cose non succedono, si dice. Non succedono certamente nel resto d’Europa, e fino a ieri non era mai successo nemmeno in Italia di sentire degli spari fuori da uno stadio. Colpa di leggi troppo permissive, che in Inghilterra ci sono le prigioni negli stadi e ti arrestano se tiri un accendino in campo? Anche no, in Italia ci sono provvedimenti durissimi, tacciati anche di incostituzionalità, come la tessera del tifoso e il daspo: un tifoso normale deve fare i salti mortali per entrare allo stadio e spesso anche una semplice bottiglietta d’acqua è requisita ai tornelli d’ingresso. Se invece entrano bombe carta e pseudo tifosi già soggetti in passato a daspo è perché qualcuno glielo permette. Perché qualcuno ne ha convenienza.

Episodi di tifosi che riescono a bloccare l’andamento di una partita in realtà negli ultimi anni si sono visti sia anche in Europa, in Belgio (Standard Liegi-Charleroi). Le pistole mai, quelle no. Spari dentro o appena fuori gli stadi si sono invece visti e sentiti, anche di recente, in Brasile, paese che ospiterà i prossimi mondiali, e in cui l’afflusso di denaro intorno al calcio sta crescendo vertiginosamente. Come in Russia, Mondiali del 2018, dove la violenza è in crescita parallela ai soldi che girano.

Non è un mistero infatti che nelle curve spesso la fanno da padrone personaggi più interessati ai guadagni: biglietti gratis e soggiorni per le trasferte, commercio di prodotti col marchio sociale e/o contraffatto. Per non parlare dello spaccio, altro grande business del tifoso ‘duro e puro’ e causa di molti episodi di violenza all’interno delle stesse curve. Il tutto spesso con gli occhi chiusi delle società. Che in cambio mantengono il controllo delle curve, la possibilità di gestire le contestazioni a loro piacimento e di allontanare i tifosi dissidenti dalla linea societaria.

La figura ieratica di Genny a cavalcioni sulle barriere della curva dell’Olimpico non può poi che rimandare a quella di Ivan Bogdanovic, che nell’ottobre del 2010 a Genova riesce a far sospendere la partita di qualificazioni agli Europei tra Italia e Serbia. Sempre a Marassi nel 2012 i tifosi del Genoa riescono a far interrompere il match col Siena e obbligano i giocatori a togliersi le maglie. Dalle intercettazioni l’episodio si collega con il giro del calcioscommesse. Soldi, sempre soldi. All’Olimpico invece il precedente è quello del “derby del bambino morto” del 2004, tra i leader della curva giallorossa che impongono lo stop della partita c’è Daniele De Santis, accusato stamattina di tentato omicidio per aver sparato ieri a Ciro Esposito.

Ma la pistola? Un salto di qualità degli scontri tra tifoserie? Difficile, molto difficile, anche perché la discoteca Ciak – il luogo da cui sono partiti i colpi di arma da fuoco – e i personaggi che ci gravitano intorno sono legati all’estrema destra, e alcuni di loro alla criminalità organizzata, così come Gennaro De Tommaso dall’altra parte. E lo stadio diventa il luogo dove regolare altri conti, approfittando dell’assoluta immobilità di ministri vari e capi del calcio, mentre la dialettica del potere nel paese ballava tra forze dell’ordine e criminalità.

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