Il Piemonte deve tornare al voto. Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del governatore leghista Roberto Cota e ha convalidato la sentenza del Tar che annullava l’elezione del 2010, compromessa da una lista irregolare. Si tratta di una sentenza definitiva, che tiene conto anche dell’esame nel merito della causa. Tra 8-9 giorni usciranno anche le motivazioni della sentenza. Per Cota la decisione del tribunale che manda il Piemonte al voto con un anno di anticipo è la “morte della democrazia”. La “sinistra vuole il Piemonte – aggiunge – pur avendo perso le elezioni”.

Interviene sulla sentenza anche l’ex presidente del Piemonte Mercedes Bresso. “Giustizia è fatta, questa volta definitivamente”, ha commentato. “E’ stata una battaglia lunga e dura – ha aggiunto – ma sono lieta. Ora i tempi per andare a votare accorpando le regionali con le europee e le amministrative ci sono tutti”. E’ indignato invece il segretario federale del Carroccio Matteo Salvini  che definisce la la sentenza “una vergogna”. “In Piemonte – scrive su Facebook – non decidono i cittadini, ma i giudici, i giornali e le banche torinesi. Arrendersi? Mai. Torneremo a vincere alla faccia dei poteri forti, che non hanno digerito i 30 milioni di euro di taglio annuo ai costi della politica regionale e il ripianamento dei buchi della sanità”.

La decisione è arrivata in serata dopo parecchie ore di attesa. Ed è possibile che si vada a nuove elezioni già a fine maggio, insieme alle Europee. Per il centrosinistra è già in corsa per il posto di presidente della Regione Sergio Chiamparino. Alle 15 è cominciata l’udienza con cui i giudici di Palazzo Spada hanno valutato la vicenda anche nel merito, andando contro la richiesta dell’avvocato Angelo Clarizia, legale del presidente Cota, che chiedeva solamente di valutare la sospensione della decisione del Tar piemontese. 

“Il Consiglio di Stato – si legge nel dispositivo finale dell’ordinanza – in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), previa riunione degli appelli, respinge le istanze cautelari e mantiene ferma l’esecutività della sentenza appellata. Si riserva di depositare la sentenza di definizione della intera controversia ai sensi dell’art. 60 del codice del processo amministrativo”. Una decisione che deriva anche dalla constatazione che “i difensori di tutte le parti presenti hanno manifestato il loro auspicio che la sentenza sia resa in tempi rapidi”, “hanno aderito alla possibilità di definire la controversia con una sentenza in forma semplificata” e soprattutto che “la controversia riguarda lamateria elettorale, che è disciplinata da speciali procedure acceleratorie, in considerazione della necessità di definire rapidamente quali siano le Autorità titolari di poteri pubblici nell’assetto costituzionale“.

Nel ricorso – depositato al Consiglio di Stato dieci giorni dopo il primo grado – il legale sottolineava come la sentenza provocasse un “pregiudizio gravissimo e non riparabile” alla Regione, facendola cadere in “una situazione di sostanziale inoperatività ed incertezza, sia per ciò che concerne l’attività di ordinaria amministrazione e urgente, sia per le funzioni legislative”.  Il 10 gennaio, dopo quasi quattro anni di viavai dai tribunali penali e civili, i giudici amministrativi avevano annullato le elezioni regionali del 2010 “ai fini della rinnovazione della competizione elettorale”.

Cota aveva vinto anche grazie ai 27.892 voti della lista “Pensionati per Cota” di Michele Giovine, ex consigliere regionale condannato insieme al padre Carlo per le firme false a sostegno del loro movimento. Il Tar ha dovuto aspettare proprio la condanna definitiva in Cassazione, il 18 novembre 2013, per fissare l’ultima udienza del ricorso nel quale trattare nel merito la questione. Ai giudici è bastata la falsità della loro lista per annullare il voto. “L’assommarsi di liste illegittime, anche se collocate su fronti contrapposti della competizione elettorale, giammai attenua, ma al più aggrava l’effetto di alterazione della corretta espressione del voto”, scrivevano nelle motivazioni. Sebbene pure la lista “Pensionati e invalidi” fosse irregolare, i magistrati hanno ritenuto che fosse sbagliato fare un mero calcolo sottraendo i voti dei due movimenti.

Ed è proprio questo uno dei punti a cui si è attaccato Cota nel suo ricorso. Secondo la sua difesa quel calcolo andava fatto: togliendo i voti dei partiti illegittimi Cota avrebbe comunque vinto con 6.085 voti di vantaggio sull’ex governatrice. “Abbiamo sottolineato che siamo davanti a elezioni falsate da una lista in cui i candidati che non sapevano neanche di essere candidati”, spiega a ilfattoquotidiano.it Gianluigi Pellegrino, che insieme a Paolo Davico Bonino assiste Mercedes Bresso e Luigina Staunovo Polacco. I due legali hanno pure chiesto al Consiglio di Stato di stabilire chi debba indire nuove elezioni e quando: nel caso in cui le elezioni fossero annullate non potrà essere Cota, presidente in carica, a farlo, né potrà farlo il prefetto. La decisione sulle nuove elezioni, inoltre, dovrà essere presa in fretta sia per l’urgenza, sia per “assicurare un notevolissimo risparmio di spesa” con l’accorpamento alle prossime Europee. Nel giro di dieci giorni saranno rese note le motivazioni della decisione di Palazzo Spada.

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