Presentati come l’ultima frontiera del trasporto pubblico a basso impatto ambientale, acquistati dal Belgio per migliorare la mobilità urbana e da quasi due anni parcheggiati, senza avere macinato un chilometro, nel deposito dei mezzi pubblici di Parma. È questa la storia di nove eBus, filobus di ultima generazione nuovi di zecca, che dal 2012 aspettano di entrare in funzione nella città ducale. Per ora la burocrazia li inchioda a rimanere fermi in un parcheggio per colpa della loro lunghezza: 18,61 metri. A bloccare la corsa dei nuovi mezzi elettrici sono proprio quei 61 centimetri che sforano il limite consentito in Italia dal codice della strada e che non hanno permesso alla motorizzazione civile di rilasciare l’omologazione.

Eppure gli autobus rossi simili a vagoni di un treno, che avrebbero dovuto fare il proprio debutto tra le vie di Parma nella primavera 2012, costano, e non poco. Sotto la giunta dell’ex sindaco Pietro Vignali, l’azienda partecipata di trasporto pubblico Tep li aveva acquistati dalla ditta olandese Van Hool nel 2011 per un costo di 7,6 milioni di euro, di cui 3,1 milioni euro finanziati dal Comune di Parma e 2,2 milioni di euro dalla Regione Emilia Romagna. Da allora però in città, a differenza del resto dell’Europa, i nuovi autobus non si sono mai visti. Nelle altre città straniere che hanno introdotto gli eBus, la Van Hool è riuscita ad ottenere l’omologazione anche per i mezzi lunghi più di 18 metri, che possono circolare liberamente. In Italia invece la questione non si è ancora risolta perché la possibilità di avere autobus snodabili di oltre 18 metri è consentita soltanto per i mezzi a motore e non per quelli elettrici. Così i veicoli autosnodati, presentati all’epoca come quanto di più moderno a disposizione sul mercato in termini di design, comfort e tecnologia, in grado di funzionare con un risparmio energetico del 25 per cento rispetto ai filobus tradizionali, rischiano di diventare un modello superato senza avere fatto nemmeno una corsa. Unica consolazione, è che per ora il conto con la ditta belga non è ancora stato saldato e quindi il costo per le casse comunali è pari a zero, almeno fino a quando il codice della strada non recepirà la deroga e la ditta non otterrà l’omologazione dei mezzi su territorio italiano.

A sollevare dubbi sul caso sono stati il consigliere comunale del Pd Maurizio Vescovi e di recente Fare per fermare il declino di Parma, che parla di “spreco di soldi pubblici” e chiede che l’amministrazione Cinque stelle di Federico Pizzarotti risolva il problema al più presto: “Non è forse vero che i mezzi hanno ottenuto l’omologazione nel dicembre del 2013 e che potrebbero ora circolare, ma il Comune preferisce fare ‘melina’ perché non ci sono i soldi per pagarli?” A dire il vero, un’omologazione di due anni, anche se provvisoria, sarebbe stata accordata, ma il rischio di pagare gli eBus per poi essere costretti a rimetterli in un parcheggio, sarebbe troppo oneroso per il Comune. Lo ha chiarito l’assessore alla Mobilità Gabriele Folli, che sin dall’inizio del mandato si è occupato del caso insieme al presidente di Tep Mirko Rubini, e che ha spiegato che mettere in circolazione i mezzi prima dell’omologazione definitiva potrebbe portare a ulteriore spreco di denaro in futuro: “Se non vi fosse una proroga o il definitivo adeguamento del codice della strada, Tep si vedrebbe costretta a far rientrare in deposito i filobus pur dovendo corrispondere i pagamenti per intero”. Folli ha anche assicurato che per la vicenda saranno definite le responsabilità contrattuali e tecniche del caso: “L’origine di questo pasticcio non dipende sicuramente dall’attuale giunta, ma si va ad aggiungere ad una lunga serie di eredità del passato a cui occorre porre rimedio”.

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