“La legalità è di sinistra”, dice Matteo Renzi. E non ha tutti i torti. Da moltissimo tempo, la destra a quel principio ci ha palesemente rinunciato ed era ovvio che altri ne rivendicassero prima o poi la titolarità. Ma Renzi ruba anche un altro campo alla destra “classica” quando afferma che lo Stato “non deve mettere un centesimo per salvare gli azionisti privati di Alitalia che hanno fallito” e che preferisce “un partner coreano che la Cassa depositi e prestiti”: una posizione che altrove sarebbe espressa da un repubblicano o da uno dei Tea Party.

Che sta succedendo? È vero, come sostiene Zanonato, che Renzi è diventato «come Grillo» e le sue tesi sono solo propaganda e populismo? A me pare che il suo discorso susciti altri interrogativi e altre riflessioni. La sinistra al governo, quella incarnata da Letta e dagli altri membri della squadra delle larghe intese, esprime politiche che in Italia sono storicamente qualificate “di destra”, strettamente legate alla ventennale predicazione del Pdl: l’abolizione dell’Imu e l’annunciato taglio di tre miliardi e mezzo alla Sanità (meno tasse, meno welfare); la conferma delle commesse militari per gli F35 e della Tav (più esercito, più grandi opere); e di recente, l’amnistia, la modifica in senso presidenziale della Costituzione, l’accantonamento del tema dei diritti come elemento socialmente “divisivo”. Abbiamo un governo di destra, almeno per quel che significa “destra” nel nostro Paese. E poco importa che sia guidato da un premier del Pd, sotto l’ala protettiva di un Presidente della Repubblica che viene addirittura dal Pci.

Ovvio che un leader deciso a scalare il principale partito di sinistra debba partire dalla ridefinizione dei campi per disegnare un’offerta politica che abbia un senso. Renzi poteva adagiarsi nell’antico monologo di Gaber sulla Nutella di sinistra e la cioccolata di destra, magari limitandosi a spalmarlo su un panino più saporito, e invece ha fatto il contrario: si è preso la legalità e il no all’amnistia cambiandogli di segno politico, sfilandoli anche concettualmente alla destra law-and-order (che in Italia non esiste). E si è preso l’opposizione ai demolitori di Alitalia, scippandola al fronte liberal che avrebbe dovuto interpretarla e non lo ha fatto. È ancora presto per dire se si tratta di un’operazione di lungo respiro, di un tentativo di revisione dell’anomalia italiana – quella che ha confuso le parole della politica fino a renderle inutilizzabili – o di una furberia congressuale. E capisco le preoccupazioni dell’ala “governativa” del Pd. Chi dovrebbe strapparsi i capelli, però, è la destra italiana, nelle sue diverse componenti: se il tentativo riesce, davvero non avrà più niente da raccontare né alla storia né ai suoi elettori.

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