Venerdì scorso avevo scritto un post su questo blog per commentare l’annunciato ridimensionamento del welfare state in Olanda. Poiché nei paesi europei il servizio sanitario nazionale costituisce una voce molto pesante del welfare, esso è in genere parte importante di qualunque progetto di ristrutturazione. Avevo anche scritto che in Italia è in atto una riforma strisciante e negata fatta di roboanti dichiarazioni di miglioramento del SSN accompagnate a riduzioni della spesa sanitaria, ed avevo sostenuto la necessità di “definire i Livelli Essenziali di Assistenza in modo che siano sostenibili e poi garantirli davvero, gratuitamente e in modo fruibile a tutti i cittadini”・ Non mi ero accorto che nella stessa giornata di venerdì, il Governo aveva presentato la nota di aggiornamento al DEF, a firma del Presidente del Consiglio e del Ministro dell’Economia Saccomanni, nella quale si discute, tra l’altro, anche del SSN e dei LEA.

I punti salienti del documento (alquanto appesantiti dalla consueta retorica politichese italiana) sono due: potenziamento dei servizi legati alla prevenzione, e potenziamento dei servizi erogati sul territorio, per ridurre invece i servizi erogati dagli ospedali che il legislatore vede giustamente come luogo di trattamenti elettivi di elevato livello tecnologico e di breve durata. L’investimento sulla voce sanità, già calato al 7,1% del PIL (rispetto al 9% di qualche anno fa), dovrà ancora calare fino al 6,7%: l’obiettivo è rendere il SSN sostenibile a lungo termine. Non manca, naturalmente, la promessa di selettività: “prestazioni a chi ne ha effettivamente bisogno” finalizzata alla riduzione degli sprechi.

Un punto ambiguo è se il Governo ritenga che oggi vengono erogate prestazioni a chi non ne ha bisogno (e quindi le prestazioni erogate debbano essere diminuite) o se invece non vengano erogate prestazioni a chi ne ha bisogno (e quindi debbano essere aumentate). Il documento, sulla carta, sembra un discreto compromesso tra principi etici e possibilità economiche; ma è prevedibile che, tradotto in pratica, porti ad un ulteriore peggioramento della qualità di almeno alcune prestazioni erogate del SSN.

Perché in tutta Europa la spesa sanitaria è diventata un problema così gravoso? In primo luogo le nuove metodologie diagnostiche e terapeutiche sono più potenti delle vecchie ma sono anche più costose, un argomento già trattato su questo blog; in secondo luogo spesso hanno durate prolungate o richiedono prolungati trattamenti post-intervento, ulteriormente costosi; in terzo luogo l’allungamento della vita reso possibile dai progressi della medicina comporta un aumento di costi per lo stato, sia a carico del sistema pensionistico che di quello sanitario (gli anziani hanno maggiori necessità mediche dei giovani).

Il problema del costo del welfare, naturalmente, esplode durante un periodo di crisi economica come quello attuale e mette in ginocchio non solo le finanze degli stati deboli, come l’Italia, ma anche di quelli tradizionalmente ritenuti forti, come l’Olanda. Nessuno stato e nessun politico ha in tasca una soluzione indolore, anche se naturalmente un miglior controllo degli sprechi e delle ruberie sarebbe di grande aiuto.

Rinunciare, anche solo in parte, al ruolo dello stato nei servizi legati al welfare significherebbe rinunciare alle nostre conquiste etico-sociali, e costituirebbe una colossale sconfitta della nostra civiltà e cultura: il diritto all’assistenza sanitaria per tutti i cittadini, a prescindere dalle loro possibilità economiche è sancito dalla nostra costituzione (ma ogni stato europeo ha qualche norma in proposito) ed anche dagli organismi dell’ONU (ad es. Dalla dichiarazione di Bioetica dell’UNESCO).

Mantenere il welfare pubblico ai livelli attuali si sta rivelando insostenibile. Che fare?

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