Un fatto è certo: se il governo Letta dovesse cadere, soprattutto dopo l’eventuale condanna di Berlusconi in Cassazione sul processo Mediaset, oggi sarebbe senz’altro più difficile, se non addirittura impossibile, pensare di poter trovare una maggioranza alternativa con cui sostenere anche un governo di scopo solo per cambiare la legge elettorale per poi tornare al voto. E, dunque, si ricomincia a parlare di una possibilità estrema. Quella del varo di un decreto per cambiare quello che il Parlamento (ma anche la commissione dei saggi) non avrebbero avuto tempo di modificare; la legge elettorale, appunto.

E’ stato il “saggio” del Pdl, il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello, a svelare che questa eventualità è tornata in auge dopo le ultime fibrillazioni della maggioranza in materia di finanziamenti ai partiti, leggi economiche, Kazakistan e moratoria sull’omofobia. Se, insomma, ci fossero “motivi di necessità e urgenza – ha stimato Quagliariello – come elezioni anticipate in seguito a una inaspettata crisi di governo, non è escluso che l’esecutivo non possa presentare una decreto legge per modificare la legge elettorale vista la spada di Damocle che pende sul ‘Porcellum‘ a causa del pronunciamento della Cassazione”. “Il governo – ha proseguito – ritiene che in questo momento, dopo l’ordinanza della Cassazione, l’attuale sistema debba essere modificato. Ma questa e’ materia dei partiti e del Parlamento. Su questo il governo può svolgere un ruolo di ‘moral suasion’, di facilitarore. Andare oltre- ha sottolineato il ministro- sarebbe improprio a meno che non ricorrano gli estremi di necessità e urgenza”. Nell’ultima riunione della commissione per le riforme istituzionali prima della pausa estiva (34 ‘saggi’ più sette estensori), c’è stata “condivisione” sulla “necessaria modifica, auspicabilmente presto, della attuale legge elettorale, con la quale non è pensabile poter tornare al voto”. Perchè – è questo il ragionamento – nessuno pensa seriamente “che si possa andare a votare con questa legge, sia al Governo che, credo, nelle forze politiche, d’altra parte questa legge è stata prevista e varata nel momento in cui vi erano due coalizioni intorno al 45%, quindi potevamo avere un premio di maggioranza al massimo dell’ordine del 10%. Ma oggi il sistema dei partiti ha creato un terzo e un quarto polo e alla Camera vi è stato con le ultime elezioni un risultato di quasi parità: 29,2% al centro-destra e 29,5% al centro-sinistra, che però, col premio di maggioranza, ha avuto quasi il triplo dei deputati. Si tratta di una distorsione eccessiva della rappresentanza per cui bisogna intervenire”.

Tutto, però, potrebbe precipitare prima che i tempi siano maturi, a livello parlamentare, per raggiungere un accordo sul cambiamento della legge. E tutti sono anche consapevoli del fatto che il Capo dello Stato non scioglierebbe mai le Camere per far tornare al voto con il Porcellum in vigore. Ecco perchè, vista la situazione in cui versa il governo Letta, non resta che pensare ad un decreto, soprattutto dopo che nella commissione dei saggi non è emersa una posizione univoca ma anzi è in atto una divisione netta tra i sostenitori di un sistema proporzionale e quelli che vogliono l’elezione diretta del Capo dello Stato; una sintesi è considerata ormai impossibile. “A settembre – ha annunciato Quagliariello con una punta di humor – ci sarà un incontro con due riunioni plenarie in convento o con una soluzione più laica, da considerarsi conclusive. A quel punto la commissione stilerà una relazione che verrà consegnata al governo, che a sua volta consegnerà le conclusioni al Parlamento”. Non è detto, però, che siano risolutive. Anzi, è certo che non lo saranno. Ed il decreto per cambiare il Porcellum potrebbe non essere davvero più un’extrema ratio.

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