Un appello perchè non si ripetano “autogol“. Settanta senatori scrivono una lettera aperta e chiedono “uno scatto d’orgoglio del Pd”, e chiedono che “si spieghi meglio” al Paese che il sostegno al governo Letta “è la migliore scelta che si possa fare date le circostanze”. Provengono da diverse aree, dal veltroniano Giorgio Tonini al bersaniano Miguel Gotor, al ‘giovane turco’ Francesco Verducci. “La distanza tra quanto comunicato in queste ore e ciò che davvero è accaduto e sta accadendo nelle aule parlamentari è davvero paradossale”, si legge nella lettera. “Appare in gran parte incomprensibile sottolineano gli esponenti Pd – l’occasione che sta perdendo il Pd di spiegare e valorizzare le scelte, certo faticose e non facili, dei suoi parlamentari. Siamo concordi nel giudizio critico sugli eventi di ieri, la drammatizzazione di vicende giudiziarie del leader di un partito, il Pdl, con toni e modalità che nessuno di noi ha condiviso. Piacerebbe, però, vedere uno scatto d’orgoglio da parte del Pd e che fossero comunicate meglio le nostre buone ragioni al Paese.

“A cominciare – proseguono – dalla fatica e dalla responsabilità nel sostenere un Governo chiamato a realizzare riforme a fronte di una crisi gravissima. Sapevamo che non stavamo creando un governo di larghe intese con Merkel o Cameron, ma le condizioni di urgenza cui ci richiamava qualche settimana fa il presidente Napolitano non sono cambiate. E’ demagogico invocare il ritorno alle urne quando tutti sappiamo che il porcellum ci restituirebbe un parlamento altrettanto frammentato e ingovernabile. Non sosterremmo un minuto di più questa maggioranza se non pensassimo che possa produrre in tempi certi le scelte di cui il Paese ha bisogno – concludono i senatori – Ma oggi rivendichiamo che questa è la miglior scelta che si possa fare date le circostanze”. Tra i firmatari della lettera Francesco Russo, Valeria Fedeli, Claudio Martini, Rita Ghedini, Giorgio Tonini, Francesco Verducci, Miguel Gotor, Stefano Collina, Paolo Corsini, Vannino Chiti, Camilla Fabbri, Paolo Guerrieri, Stefano Esposito, Giorgio Santini, Angelica Saggese, Giancarlo Sangalli, Francesca Puglisi e Rosanna Filippin.

La lettera dei settanta ha incassato il sostegno del segretario Epifani, che così ha commentato al Tg3: “Hanno ragione – ha detto – lamentano che tutto lo sforzo che fanno nelle aule parlamentari per approvare decreti che migliorano le condizioni del Paese vengono considerati come nulla fosse e invece sono utili a migliorare la condizione di chi vive la crisi”. Epifani è tornato sulla sospensione dei lavori parlamentari che ha scatenato le polemiche interne al Pd: “Quello che è successo ieri non è come è stato raccontato dagli organi di stampa. Abbiamo sventato con forza un tentativo di Aventino parlamentare del centrodestra. Hanno chiesto di fare delle riunioni e le hanno fatte, come sempre nel passato. Oggi il Parlamento ha lavorato a pieno ritmo, noi vogliamo difendere il ruolo del Parlamento”. Epifani è tornato a criticare il Pdl: “Dovrebbero spiegarlo al Paese che vive la crisi e il dramma della disoccupazione: la mattina minacciano la crisi, poi Berlusconi dice ‘no, andiamo avanti’… è un atteggiamento schizofrenico, non sanno cosa fare. Serve un chiarimento”.

Ma nel Pd non è il solo malumore. Altre due le lettere già scritte durante la giornata. Una firmata dai capigruppo per spiegare alla base quanto accaduto ieri in aula alla Camera, l’altra da 13 deputati per stigmatizzare il comportamento di un loro collega. “Si stanno diffondendo “molte bugie e falsità” hanno scritto Roberto Speranza e Luigi Zanda, che hanno sottolineato come “il Pd non si è piegato alla volontà del Pdl”. “E’ una speculazione politica e una provocazione” sostengono, ribadendo che il Pd resta “leale” al governo, ma che “non abbiamo paura e siamo pronti ad ogni evenienza. Non consentiremo al Pdl di giocare con la vita del Paese”.

Il Pd si è opposto alla richiesta di stop dei lavori per tre giorni – scrivono Speranza e Zanda – “perché questa richiesta era inaccettabile, cosi come si è opposto alle richieste di sospensioni di due giorni o un giorno dei lavori”. A questo punto, spiegano, “il Pdl ha richiesto di poter riunire i gruppi parlamentari della Camera e del Senato, nel tardo pomeriggio, dopo il question time del presidente Enrico Letta alla Camera. Analoghe richieste, fatte anche dal Pd e dagli altri gruppi parlamentari, sono sempre state accolte”. La richiesta “è stata discussa nelle presidenze dei gruppi parlamentari del Pd al Senato e alla Camera. E in entrambi i casi, considerati anche i precedenti e la consuetudine, si è acconsentito”. Far passare questa decisione “come un piegarsi del Pd alla volontà del Pdl di protestare contro le decisioni della Cassazione è contro la verità” attaccano i due capigruppo. Speranza e Zanda, inoltre, ribadiscono che il Pd “ha una posizione chiara: non si possono mischiare le vicende giudiziarie personali con la vita del governo”.

Nel frattempo, proprio sul tavolo del presidente dei deputati democratici (e anche su quello del segretario Epifani), è arrivata un’altra lettera, firmata da 13 deputati del Partito democratico. Contenuto inequivocabile: “Di fronte ai veri e propri insulti rivolti da colleghi Pd ad altri deputati del gruppo, crediamo che sia opportuna una valutazione da parte vostra sulla vicenda, per capire se non siano stati superati i confini minimi della correttezza e della decenza”. Firmato: Michele Anzaldi, Matteo Biffoni, Luigi Bobba, Francesco Bonifazi, Ernesto Carbone, Filippo Crimì, Marco Donati, David Ermini, Luigi Famiglietti, Edoardo Fanucci, Federico Gelli, Ernesto Magorno, Laura Venittelli. Un’accusa ben precisa nei confronti di un unico collega: Matteo Orfini.

“Le agenzie di stampa – scrivono i deputati nella lettera – hanno riportato l’epiteto, non smentito, di ‘sciacalli’ rivolto da un collega del gruppo parlamentare del Pd ad altri deputati democratici, semplicemente perché hanno effettuato una scelta diversa dalla sua nella votazione di ieri sulla richiesta di sospensione dei lavori parlamentari, in una situazione che ha alimentato dubbi e incertezze su come è stata gestita l’intera vicenda e che ha scatenato la protesta e l’incomprensione dei nostri elettori”. Non solo. I 13 firmatari della lettera forniscono altri particolari dell’attacco di Orfini a chi non ha votato secondo la linea: “Oggi, dalla lettura dei quotidiani, apprendiamo che lo stesso collega avrebbe ritenuto opportuno apostrofare un altro deputato del Pd con un termine ancor meno onorevole: ‘merda‘ – si legge nella lettera – La motivazione sembra essere la stessa: aver operato una valutazione diversa sulla sospensione dei lavori parlamentari”. Esposta la tesi, i deputati del Pd passano alla denuncia e alla richiesta di provvedimenti: “Si tratta di episodi che non esitiamo a definire gravi, poiché legittimano addirittura l’insulto pubblico per chi non si allinea – spiegano – in presenza peraltro di decisioni poco chiare e discutibili che hanno fatto parlare di cedimento a Silvio Berlusconi. Di fronte all’assenza di smentite, che alimenta un clima di scontro e di assoluta mancanza di rispetto tra colleghi di partito, ci chiediamo se situazioni del genere possano essere accettate in un contesto politico comune”. Il diretto interessato, del resto, via Twitter conferma parte della versione dei 13: “Sull’appellativo che avrei usato per Paolo Gentiloni chiamo l’interessato a deporre a mia difesa. Sullo sciacallaggio confermo” precisa Matteo Orfini.

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