Un nuovo caso di violenza contro bambini dell’asilo, questa volta in provincia di Vibo Valentia: una maestra di 62 anni della scuola dell’infanzia di San Costantino Calabro è stata arrestata per maltrattamenti. Ad inchiodarla le immagini delle videocamere, fatte installare nella scuola dalla Procura a seguito della segnalazione di un genitore, che l’hanno ripresa mentre infieriva su bambini di 3 e 4 anni con schiaffi, calci e spintoni. Dalle prime informazioni risulta che anche una seconda maestra della stessa scuola è stata denunciata dai carabinieri. La notizia arriva due giorni dopo la vicenda di Barletta, dove un’altra maestra d’asilo è finita ai domiciliari per maltrattamenti. Anche in quel caso sono state le immagini della videocamera a incastrare la donna di 43 anni, ripresa mentre colpiva i bambini, li faceva cadere dalla sedia, poi li trascinava per i capelli lanciandogli contro bottigliette e libri. Episodi di una gravità inaudita, come ha detto il procuratore della Repubblica di Trani, Carlo Maria Capristo a cui si aggiunge un altro caso avvenuto a Roma. Coinvolte una maestra e la coordinatrice della scuola per l’infanzia San Romano, nel quartiere Portonaccio, arrestate con l’accusa di maltrattamenti e percosse.

“Incredibile che a 62 anni si diano botte ai bambini – dichiara Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei minori, riguardo la maestra arrestata nel vibonese -. Indice che l’autrice è usurata dal mestiere e che le tanto auspicate analisi periodiche di tenuta psico-emotiva chiesti da almeno un decennio dall’Osservatorio hanno un senso compiuto, che le istituzioni sottovalutano. Incredibile anche -prosegue il sociologo- che chi si macchia di un crimine contro l’umanità, e le botte ai bambini lo sono, sia tenuto ai domiciliari”.

“Casi gravi”, conferma Mariagrazia Contini, docente ordinario di Pedagogia generale e sociale e presidente del corso di laurea magistrale in Pedagogia all’Università degli Studi di Bologna, che si inseriscono in un contesto generale di sofferenza. “Non si può dire che siamo in presenza di un’emergenza o di un fenomeno diffuso – spiega Contini – perché la stragrande maggioranza delle insegnanti fa il suo lavoro al meglio, anche se in situazioni critiche (retribuzioni non adeguate e contratti precari). Un altro problema è la mancanza di formazione. Anni fa noi dell’università facevamo formazione agli insegnanti, discutevamo con loro, li ascoltavamo. Qui in Emilia Romagna avevamo una tradizione pedagogica meravigliosa, in cui si valorizzava l’aspetto educativo e non assistenziale. Ora non ci sono più fondi. Eppure serve formazione perché gli insegnanti hanno a che fare con bambini che arrivano da famiglie diverse da quelle di una volta, monoparentali, miste, omoparentali, affidatarie e di stranieri. In ogni caso, non c’è giustificazione per episodi di violenza come questi”.

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