“…ci vediamo costretti ad operare il licenziamento collettivo di nr.33 unità di personale a tempo indeterminato”. Licenziati in tronco, senza ammortizzatori sociali, tramite un fax senza firma. Così inizia questa storia, giovedì scorso a Torino: ben poco originale, in questi tempi austeri.

I licenziati sono soci di una delle due cooperative che forniscono il servizio di reference delle 49 biblioteche dell’Università di Torino: stanno al bancone, accolgono gli utenti e porgono i libri. UniTo ha da anni appaltato il servizio (rimettendoci dei soldi): oltre ai 33 dipendenti di CoopCulture ci sono altri 39 esternalizzati.

Tra i licenziati ci sono persone che lavorano per la cooperativa da 15 anni: hanno famiglie, spese e affitti da pagare. Nella lettera di licenziamento si legge che le “condizioni economiche … attuali non consentono all’azienda l’equilibrio economico della gestione”. Una storia simile si ripete ogni anno, al rinnovo dell’appalto. Il lavoratore esternalizzato è il vaso di coccio tra un’azienda che vuole massimizzare i profitti e un’università che vuole risparmiare, ma stavolta è peggio: mai si era arrivati al licenziamento in tronco di massa.

La notizia è una mazzata violenta, ma stavolta cade su un’incudine davvero dura. I bibliocoop in anni di precarietà hanno imparato che, rimanendo uniti e agendo insieme, sopravvivere alle incertezze della loro condizione è possibile. Due anni fa si sono mobilitati in massa contro i licenziamenti di tre colleghi e sono riusciti a sventarli con scioperi partecipati, coinvolgendo la comunità universitaria ed evitando la riduzione degli orari di apertura delle frequentatissime biblioteche.

E così, alla mazzata fa seguito una reazione decisa e immediata. Giovedì stesso viene indetto uno sciopero ad oltranza, fino al ritiro di tutti i licenziamenti. Il giorno dopo, venerdì 17, c’è il tracollo del sistema: le biblioteche sono praticamente tutte chiuse. Oltre a tutti i 33 licenziati hanno scioperato anche la grande maggioranza dei lavoratori dell’altra cooperativa; i bibliotecari dipendenti diretti dell’università sono solidali e non estendono le loro mansioni per mettere una toppa sui disservizi. Pure le copisterie intorno alle sedi universitarie notano che è successo qualcosa di strano: nessuno è andato a fare fotocopie!

Gli scioperanti non stanno però certo a casa a far flanella. Si ritrovano alle 9 alla sede CUB (molti dopo una notte in bianco), discutono e decidono di dirigersi, con un corteo improvvisato, alla sede torinese della Coop Culture. Contattata sul posto, la sede centrale veneziana rifiuta di ritirare i licenziamenti. I bibliocoop si dirigono quindi alla divisione bibliotecaria di UniTo, l’altra morsa della tenaglia, che si dice subito disponibile a cercare ogni soluzione per garantire la continuità lavorativa.

I bibliocoop fanno il punto in un’assemblea nei locali della divisione. A parlare sono persone comuni, che hanno imparato sulla loro pelle la vulnerabilità della condizione di esternalizzato, ma sono consapevoli della propria professionalità e dell’importanza del lavoro che svolgono. Arrivano anche studenti dei collettivi e altri solidali: dopo un po’ il locale non contiene tutti e si va a parlare in strada. Alla fine si conferma lo sciopero, discutendo la situazione in assemblea il lunedì seguente insieme a ricercatori, precari e studenti.

Dopo un inquieto weekend, alla fine dell’assemblea gli scioperanti vanno in corteo al Rettorato dove è in corso una seduta del Senato Accademico. Viene diffusa la notizia che CoopCulture avrebbe ritirato i licenziamenti, ma non c’è nessuna comunicazione ufficiale al riguardo. Le biblioteche rimangono chiuse o con orari fortemente ridotti; ogni giorno i bibliocoop diffondono aggiornamenti della situazione.  Studenti, docenti e precari non se la prendono con gli scioperanti per il disservizio e in molti si mostrano partecipi.

Il giorno dopo nuovo corteo dal Campus Einaudi fino in Rettorato per “intervenire” dall’esterno alla seduta del CdA. Finalmente arriva una notizia positiva: il CdA decide che i prossimi appalti del servizio avranno durata triennale, dando più continuità al servizio e più serenità ai lavoratori. Spunta anche l’ipotesi di cancellare subito 30 licenziamenti e mantenerli solo per 3 persone, ma il rifiuto è netto: tutti al lavoro o nessuno al lavoro.

Mercoledì i precari del CPUniTo, che conoscono appieno il dramma della precarietà, mostrano la loro solidarietà in modo tangibile: devolvono 500 euro (prendete esempio!) al fondo cassa di solidarietà per gli scioperanti. Infine, la perseveranza viene premiata: al quinto giorno di sciopero, ieri pomeriggio Coop Culture ritira tutti e 33 i licenziamenti.

Don Gallo se n’è andato più o meno in quello stesso momento. Penso che gli avrebbe fatto piacere conoscere questa piccola storia piena di voglia, di lotta, di speranza e di dignità. Questo articolo è dedicato a lui e a Beppe Ambare: un grazie per tutto e un abbraccio, spero che stiate già facendo amicizia.

 

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