Ci sono sono Luigi e Nicolas, omosessuali, aggrediti all’uscita di un locale di Roma a colpi di bottiglia. C’è Marius, romeno, gay anche lui, insultato e poi preso a martellate in un internet point di Palermo. E c’è il ragazzo “dai pantaloni rosa” preso in giro su Facebook per la sua presunte tendenze omosex. A lui è andata peggio: per colpa di quelle voci Andrea si è ucciso a 15 anni. Storie più o meno recenti che dimostrano che l‘omofobia in Italia è ancora un problema. Ora, a confermarlo sono anche i dati: oltre il 90 per cento degli omosessuali almeno una volta nella vita si è sentito discriminato da parte della società o, più in generale, dello Stato. Una condizione che, nel 30 per cento dei casi, emerge anche all’interno di contesti “protetti” come quello della famiglia e del giro di amicizie.

Sono questi alcuni dei risultati di un sondaggio condotto da Andos, l’associazione nazionale contro le discriminazioni da orientamento sessuale, su una platea di 1500 iscritti ai suoi circoli. Nata ufficialmente nell’estate del 2012, Andos conta già più di 50mila associati. Il 17 maggio, in concomitanza con la Giornata internazionale contro l’omo-transfobia, si apre a Roma il suo congresso fondativo. Candidato unico alla presidenza è Marco Canale: “Alla radice di questi dati c’è la mancanza di una legislazione che riconosca, come avviene nella maggior parte dei paesi europei, i matrimoni o le unioni omosessuali – spiega -. Un’assenza assoluta di tutele che finisce per riflettersi anche all’interno della famiglia. Oggi come oggi, in Italia, un genitore che si sente dire dal figlio ‘sono gay’, quali diritti pensa che lui possa avere? Nessuno. E così non lo accetta e cerca di fargli cambiare ‘orientamento'”.

I problemi sono quelli di ogni giorno. Piccoli all’apparenza, ma che ti sbattono in faccia di continuo il fatto che la parità con le coppie eterosessuali è ancora molto di là da venire. Marco, che sette anni fa si è sposato in Inghilterra con il suo compagno Alan, londinese, li conosce bene. “Non sa quante volte ci hanno fatto verifiche fiscali: ufficialmente siamo due single estranei e nessuno capisce perché i nostri redditi si sommino. E ogni volta giù a raccontare che siamo gay, che stiamo insieme da tempo, che non c’è niente di strano. Al di là del disagio, c’è anche la totale mancanza di privacy”. E, prosegue, “se mio marito dovesse stare male? Io non ho nessun diritto a chiedere informazioni sul suo stato di salute”. Uno degli obiettivi dell’associazione è portare avanti la battaglia per il riconoscimento delle unioni di fatto omosessuali. Un obiettivo che Marco definisce “la nostra esigenza più urgente”. Un altro impegno di Andos è quello a favore della prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili. Ogni mese sono 90 mila i preservativi distribuiti gratuitamente attraverso i circoli associativi. “Questo è un aspetto su cui l’Italia ha molto da imparare dai paesi stranieri – conclude Canale – In Francia si trovano anche a scuola. Ovviamente gratis”.

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