Segnali di pace nella lotta padri contro figli per un posto di lavoro. La buona notizia arriva da Reggio Emilia, dove ottantacinque dipendenti dell’ente per i Servizi Ifoa hanno deciso di ridurre del 5% il proprio stipendio e le ore di lavoro per permettere a ventinove lavoratori di essere regolarizzati con contratti a tempo indeterminato. Una scelta unica in Italia, resa possibile grazie al contratto di solidarietà espansiva (previsto dall’art.2 della legge 863/1984), applicato per la prima volta sul territorio nazionale. Nella pratica le ore di lavoro sono scese da 40 a 38 settimanali, consentendo una stabilizzazione a tempo indeterminato degli altri lavoratori e più garanzie per gli ulteriori precari.

La firma risale al 18 febbraio scorso, quando in pieno accordo con i sindacati NIdiL Cgil, Cgil, Filcams Cgil si è compiuto il grande passo. La scelta ha fatto molto discutere in azienda, anche se l’approvazione è arrivata senza particolari problemi. “Al momento del voto, – fanno sapere i dipendenti – abbiamo appoggiato tutti l’idea. Solo in due o tre si sono detti contrari. I neoassunti sono personale che lavora con noi da anni ed è giusto che vengano tutelati”. Una solidarietà senza precedenti, che in tempo di crisi economica e licenziamenti non può che fare notizia.

Ifoa, ente per i servizi e la formazione e partner delle Camere di Commercio, si dice da tempo in prima linea per la tutela delle condizioni dei lavoratori, anche se non esita a puntare il dito contro un mercato del lavoro ancora fossilizzato da leggi inadeguate. A raccontarlo è Umberto Lonardoni, direttore alla guida dell’istituzione da poco più di un anno: “Vorrei ricordare che è la recente riforma Fornero ad averci condotto a trasformare tali modalità contrattuali. Negli ultimi anni queste non hanno generato alcun contenzioso, segno di un sistema lavorativo percepito dagli stessi lavoratori come equo e favorevole, sia in termini di autonomia professionale che di compenso”.

Un grazie alla riforma dell’ex ministro tecnico, con una pesante accusa ad un sistema che non prevede sostegno alle aziende che cercano di creare nuovi posti di lavoro: “Certo che, se da una parte anche sotto la spinta della modifica normativa si sono ridotti gli strumenti di flessibilità in entrata, dall’altra non si è supportata la creazione di nuove occupazioni. E’ evidente che i posti di lavoro non si creano per decreto ma esistono nella misura in cui le aziende riescono a sostenerli”.

I primi a festeggiare sono stati proprio i sindacati che hanno visto nella firma del contratto di solidarietà un passo avanti per le tutele dei lavoratori di tutta Italia. “In un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo – dice Massimo Servello, Segretario nazionale Uiltemp – l’accordo raggiunto permette una positiva evoluzione dei rapporti di lavoro. Parliamo infatti non solo della stabilizzazione con contratto a tempo indeterminato, ma anche della trasformazione in somministrazione e l’impegno a sottoscrivere entro maggio 2013 uno specifico protocollo che disciplini le varie tipologie di lavoro autonomo”.
 A Servello fa eco Magda Maurelli, Segretario Generale UIL: “Quello che è successo a Reggio Emilia, dimostra come la contrattazione sia ancora il migliore strumento di governo, ma la crisi ci pone in evidenza come sia la disoccupazione giovanile il maggiore elemento di criticità del mercato del lavoro”.

Il contratto di solidarietà firmato per la prima volta proprio in Emilia Romagna, prevede alcuni punti specifici: assunzione di ventinove persone tramite la riduzione oraria dei lavoratori dipendenti in organico; assicurazione di garanzie per gli ulteriori collaboratori; definizione di un modello di relazioni sindacali anche per il futuro, che consenta di supportare la piena attuazione dell’accordo. Una risposta concreta ad una difficile crisi economica ed un esempio per altre realtà locali, come ci tengono a sottolineare da Reggio Emilia. Anche se le preoccupazioni per il futuro restano: “Credo – conclude Lonardoni – che bisognerà ripensare a modalità contrattuali che permettano a soggetti come IFOA e a tante altre Istituzioni del Terzo Settore di poter utilizzare professionalità di alto profilo in progetti complessi, come quelli previsti dalle Pubbliche Amministrazioni e dalla stessa Commissione Europea, con forme di lavoro flessibili ma non precarie”.

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