È il Primo ministro di destra di un Paese fortemente in recessione, accusato di corruzione e mala politica, mollato da buona parte dei suoi alleati di governo e che nonostante tutto non intende dimettersi e accusa i giornalisti di essere al soldo dei comunisti. Parliamo di Janez Janša, 55 anni, leader del Partito Democratico Sloveno di destra (SDS – Slovenska demokratska stranka) e Premier della Slovenia dal febbraio 2012, al centro di uno degli scandali di corruzione più grandi della storia del Paese. A chiedere la sua testa sono in molti, opposizione, partiti fuoriusciti dal governo e soprattutto opinione pubblica, che proprio un paio di giorni fa ha manifestato massicciamente per le strade di Lubiana.

La Slovenia è oggi un Paese stretto tra crisi e corruzione. I cittadini chiedono da mesi un cambiamento radicale almeno nella leadership politica i cui vizi e difetti stanno venendo a galla tutto d’un colpo. Janša è accusato di corruzione e abuso di ufficio, capi d’accusa ancora da verificare ma sui quali una commissione statale anti-corruzione sembra avere pochi dubbi. A far traboccare il vaso alcune sospette “irregolarità finanziarie” sulle quali si sta indagando e che il Premier non è riuscito a giustificare (non avrebbe dichiarato in modo chiaro e trasparente l’origine di alcune sue proprietà di un valore di circa 200mila euro). Quanto basta per far scendere in piazza 20mila sloveni inferociti, anche alla luce delle misure di austerità anti crisi imposte loro dal governo, che la polizia ha dovuto disperdere a suon di lacrimogeni.

“Gli attacchi sono stati per lo più fomentati dai media, il cui programma è pagato fino all’ultimo minuto dal capitale dei compagni (comunisti, ndr)”, ha replicato pubblicamente Janša. Insomma, tutta colpa della stampa comunista. Ecco che in Slovenia a certe boutade non ci sono proprio abituati, tant’è che l’associazione nazionale dei giornalisti si è addirittura indignata pubblicando parole di fuoco sul proprio sito e accusando il Premier di fare “demagogia” per “distogliere l’attenzione” e cercare “nemici interni”. “Compito dei giornalisti, continua ancora l’associazione, è portare alla luce quelle situazioni che il potere cerca di nascondere”, prosegue la nota.

Tuttavia i cittadini non sembrano essersela bevuta. In 20mila hanno manifestato per le strade di Lubiana fino di fronte al parlamento per invitare il Premier ad andarsene. In mattinata, invece, avevano manifestato i suoi supporter, circa 8.000 persone portate a Lubiana con degli autobus, ai quali il Premier ha detto di “opporsi con fermezza al fascismo di sinistra, alla violenza e al caos”. La verità è che Janša sembra avere i giorni contati. Aggrappato da qualche mese alla poltrona di Primo ministro, difficilmente riuscirà a sopravvivere agli ultimi abbandoni del suo governo, mollato prima da Lista civica (Dl, centro liberale) che si è anche portato via il ministro delle finanze, poi dal Partito dei pensionati (Desus), Nuova Slovenia (Nsi) e dai Popolari (Sls). Questi ultimi, a dire il vero, concederebbero al primo ministro una sovranità limitata di qualche settimana per varare la riforma del lavoro e l’istituzione della holding statale per gestire il patrimonio pubblico. Neanche a dirlo, Jansa ha rifiutato di dimettersi perché, secondo lui, “le elezioni anticipate spingerebbero la Slovenia in un limbo per vari mesi, un periodo nel quale il Paese fallirebbe”.

Ma la Slovenia non se la sta passando bene nemmeno adesso, tanto che la forte recessione e l’alto indebitamento delle banche ne fanno il prossimo Paese Ue papabile per un salvataggio europeo. Infine la questione Croazia. Il malessere sloveno rischia infatti di ritardare l’adesione di Zagabria all’Ue (prevista per il prossimo luglio) dal momento Lubiana rimane l’unico Paese che non ha ancora avviato la procedura di ratifica del trattato di adesione. Non è scartabile l’ipotesi che anche questa sia una carta che Jansa cercherà di giocarsi in un modo o nell’altro per rimanere saldamente al suo posto.

@AlessioPisano

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