Indagine sulla manipolazione del tasso Euribor: Banca Intesa è nel mirino della procura di Trani. Ed è a una svolta nell’inchiesta della procura pugliese che finora aveva rivolto la sua attenzione soltanto agli istituti stranieri. È stato proprio un articolo de Il Fatto Quotidiano, nell’edizione speciale del lunedì, che ha spinto gli inquirenti a verificare il ruolo di Banca Intesa: dopo le dichiarazioni rilasciate al nostro quotidiano, infatti, il pm Michele Ruggiero ha convocato in procura, come persona informata sui fatti, Giuseppe Attanà, responsabile di tesoreria di Banca Intesa. L’inchiesta, nata da un esposto presentato dall’Adusbef, punta a chiarire le procedure usate dai tesorieri italiani per formare il tasso incriminato. Un tasso fondamentale, in tutta Europa, per l’affidamento dei mutui. L’indagine, per ora, è a carico di ignoti. Alla base di miliardi di euro in mutui e derivati, sembrano esserci – stando alle Authority europee – standard poco trasparenti. Attanà è in grado di spiegare le procedure italiane: è il portavoce dell’intera categoria, visto che ha la carica di presidente dell’associazione Assiom Forex, che riunisce circa 1500 operatori per 450 istituzioni finanziarie. “L’Euribor non è il tasso a quale una banca scambia i soldi – spiega – ma è il tasso al quale si presume venga scambiato tra le maggiori banche”. Si presume: una presunzione che smonta ogni certezza.

Il tasso Euribor, a un primo sguardo, è un tasso di mercato costruito con molta prudenza. Il sito ufficiale recita: “E’ il tasso a cui una primaria banca presta all’altra”. Ed ecco la procedura prevista: ogni giorno, le quaranta banche del panel, forniscono il proprio tasso. Da questi, vengono estromessi il 15% più alto e più basso, mentre sul rimanente si fa la media. In questo modo viene stabilito l’Euribor: il tasso che dirà quanto dovremo pagare, come rata di mutuo variabile, o se un derivato è in perdita.

In teoria, l’elevato numero di banche, dovrebbe garantire che nessuno, con il suo piccolo quarantesimo, possa condizionare l’andamento della media. A patto, però, che ogni banca fornisca i propri di dati. E non quelli di altri. Altrimenti, il panel, finisce per essere governato da pochi. E proprio questo è il punto.

Andiamo con ordine. Attanà ci dice che non tutte le banche del Panel sono “prettamente primarie”. E quindi: invece di fornire i dati della propria banca, fanno una valutazione o meglio: una “constatazione” dei tassi altrui. Spiega Attanà: “Il dipendente della banca, alle 7 del mattino, inizia a guardare le pagine di quotazione di tutte le banche, a quanto sono disposte a prestare, quanto a prendere, e quindi è in grado di capire e sapere”.

Tutto dipende da come s’interpreta la regola: “Si parte dalla definizione dell’Euribor, poi ciascuna banca, al proprio interno, può avere una piccola parte di discrezionalità… Se la banca che si ritiene primaria, è quello che lei pratica e prende sul mercato, se non si ritiene primaria, allora, giustamente, non è che mette il suo, di tasso”.

Una linea che stona con la dichiarazione d’infallibilità dell’Euribor.

Se le banche che contano sono poche, infatti, possono anche influenzare il tasso. Ma il problema per le banche italiane, secondo Attanà, non esiste: Assiom Forex sostiene che non c’è mai stato neppure uno scandalo Euribor. E nessuna inchiesta che riguardi le banche italiane. In effetti, l’inchiesta della procura di Trani è a carico di ignoti, per ora. Ma l’Euribor è anche Italia, per le quattro banche che contribuiscono a formarlo – Mps, Intesa, Unicredit e Ubi banca – e per le altre che applicano quel tasso. Attanà tranquillizza: a differenza del Libor, già oggetto di scandalo, l’Euribor “era in linea con gli andamenti dei mercati”.

All’estero non sono così sereni: Ubs ha immediatamente pagato multe per un miliardo e mezzo, Barclays per cinquecento milioni. Multe per manipolazione del Libor e dell’ Euribor. A provarlo ci sono le email tra i tesorieri di Barclays i trader, che chiedono esplicitamente interventi sul tasso Euribor, parliamo di lettere sequestrate dalla Commissione americana d’inchiesta e già pubblicate dal Fatto. Con un errore: per un refuso, nell’articolo del 21 gennaio, abbiamo pubblicato una mail indirizzata da un trader alla Barclays, scrivendo che era indirizzata a Banca Intesa. Ce ne scusiamo con i lettori e con gli interessati. Restano confermate, invece, le dichiarazioni di Attanà, che hanno incuriosito gli inquirenti, alle quali aggiungiamo altre affermazioni, a nostro avviso altrettanto importanti. Il tesoriere di Mps, Paolo Bosio, ci ha raccontato altri dettagli sulla formazione del tasso: “In questo momento, non è che se io quoto a 0,10 per cento, vuol dire che sul mercato vado ad approvvigionarmi allo 0,10”. Poi spiega meglio: “Non guardo il costo dei fondi di Montepaschi quando faccio la contribuzione, ma guardo il tasso di una banca primaria, che non sono io, se lo scambia con un’altra banca primaria, per esempio tra Deutche Bank e Ubs. Non è un parametro che deve essere per forza supportato da operazioni effettive: è una stima”. Il punto è che Mps è considerata una banca primaria: non dovrebbe riferirsi ad altre stime ma, come abbiamo già detto, semplicemente dichiarare il proprio tasso. Punto e basta. E invece il tasso, stando alle parole di Bosio, sembra attestarsi su parametri tedeschi: “Il rischio di credito del partecipante non è compreso, nemmeno il rischio paese. E’ ovvio che la quotazione è su un benchmark tedesco”.

Se una banca ha la sede in Italia, Grecia o Spagna, oppure si ritrova in difficoltà, è facile che paghi tassi molto alti per ottenere prestiti. E questo non dovrebbe influire, sostengono: “Oggi l’Euribor è a zero, il fatto di spingere a una maggiore trasparenza lo porterebbe in su, vediamo che schizza. Mentre la definizione di Euribor, se la legge bene, è un tasso stimato tra primarie banche, non è il tasso pagato dalla banca greca o la banca italiana”.

Interpretazioni, valutazioni tra esperti. E come si può, a questo punto, garantire che non sia manipolato? Continua Bosio: “C’è un codice di condotta all’interno dello Steering committee al quale si devono adeguare”. L’organo a cui fa riferimento il tesoriere Mps, e di cui era il rappresentante per l’Italia, è proprio quello bocciato l’11 gennaio scorso, dalle Authoriry europee di mercato (Esma) e bancaria (Eba), con l’accusa di scarsa indipendenza e di non esercitare “sufficiente controllo sul processo di fissazione del tasso”.

di Filippo Barone e Antonio Massari

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