«Mi chiamo David Berluti, ho 28 anni e sono un ex dipendente della catena McDonald’s». Dopo le polemiche scaturite da una pubblicità della più celebre catena americana di fast food, che nel periodo natalizio reclamizzava le opportunità di lavoro offerte da McDonald’s in Italia e le condizioni dei suoi dipendenti, suscitando così le critiche della Cgil, la nostra redazione ha cercato la testimonianza di chi ha lavorato per uno dei punti del colosso creato da Ray Kroc nel 1955. A David, romano, abbiamo chiesto di raccontare la sua esperienza e di commentare i punti chiave dello spot della McDonald’s: «A luglio dell’anno scorso ho risposto a un annuncio su Infojobs: cercavano “personale per fast food” e offrivano “un contratto di un mese con eventuali proroghe”. Ho mandato il mio curriculum e sono stato contattato e rapidamente assunto. Dopo una settimana di formazione mi hanno assegnato al McDonald’s di Ostia sul Lungomare Toscanelli». Ecco come David ha commentato gli elementi reclamizzati dal Mc spot.

Si lavora sodo. «È una catena di montaggio, a partire dall’ordine del cliente fino ad arrivare alle pulizie del locale. Ogni azione ha i suoi tempi prestabiliti: concettualmente il sistema è impeccabile, il locale è sempre pulito, tutto è cadenzato e organizzato. Anche se non condivido la scarsa umanità verso i dipendenti». È vero che si è sempre in movimento? «Il motto è non fermarsi mai quindi in attesa del cliente, che c’è quasi sempre, bisogna preoccuparsi dei rifornimenti e delle pulizie. Si capisce come una giornata lavorativa anche solo di 4 ore sia in pratica molto intensa e stressante». Nel sito di McDonald’s Italia parlano di “tempi stabiliti, anche per andare al bagno”. «Personalmente non avevo una pausa per andare al bagno ma ci organizzavamo autonomamente: certo posso dire che in 4 ore di lavoro c’è pochissimo tempo libero, anche per andare al bagno».

Bisogna fare entrata merci, servire in cassa e friggere patatine. «Io ero addetto alla cassa, il che comprendeva il contatto con la clientela, il servizio al banco, il controllo rifornimenti e qualità, le pulizie varie. Chi era invece “dietro le quinte” doveva conoscere la preparazione di ogni singolo prodotto, preoccuparsi delle scadenze generali, dall’insalata ai panini scongelati la mattina, più controlli vari, rifornimenti e pulizie. I compiti organizzativi erano del manager e quindi del coordinatore generale». Come ti dovevi rapportare con la clientela? «Il contatto con le persone era quasi nullo: l’obiettivo richiesto è vendere il massimo dei prodotti nel minor tempo possibile. Le casse, infatti, sono monitorate da un timer che prende il tempo del cassiere a partire dall’inizio di un ordine fino al successivo: per questo a volte capita di essere scavalcati da un altro cliente, su richiesta del cassiere, mentre si è ancora in cassa ad attendere il panino pagato».

Ci sono turni anche di notte e nel week-end. «Il mio era un contratto part-time di 24 ore settimanali, dove erano previsti notturni, festivi e straordinari: la retribuzione era di circa 800 euro lordi al mese. Sono entrato insieme ad altri tre ragazzi, tutti interinali in cerca del rinnovo contrattuale: così evitavamo di godere delle festività e cercavamo di lavorare più festivi e notturni possibili, in modo da conquistarci la riconferma. Purtroppo, però, dopo una proroga di 15 giorni concessa a loro tre – io avevo rinunciato per un altro lavoro – nessuno di loro è stato rinnovato».

Da McDonald’s pagano puntualmente tutti i mesi. «Vero, lo stipendio era puntuale e venivano pagati regolarmente anche gli straordinari. Ma mancava tutto il resto». Cosa vuoi dire? «Personalmente, è un tipo di lavoro che non mi entusiasma e che non consiglierei, per alcuni dei motivi già visti: tempi serrati, poca umanità, molto sacrificio che non significa riconferma contrattuale. E poi c’è quello che vendi, mi spiego meglio: la catena Mac offre un pasto giornaliero al proprio personale che si può consumare prima o a fine turno. Io conosco il prodotto, che è di bassa qualità, e nonostante fosse gratis cercavo di evitarne il consumo: basti pensare che un BigMac costa alla catena appena 42 centesimi, eppure contiene tre fette di pane, due hamburger più salse ed insalate. E poi perché, dopo solo 8 minuti dalla loro preparazione, sia i panini che le patatine dovevano essere tassativamente cestinati dai cassieri?». La Cgil ha contestato direttamente alla McDonald’s un altro degli elementi citati nello spot: il 90% dei dipendenti è a tempo indeterminato. «Falso – rincara la Filcams Cgil – l’80% dei lavoratori, non certo per scelta, ha un contratto a tempo parziale di poche ore settimanali, con l’obbligo di prestare servizio in orario notturno e domenicale/festivo».

Un punto messo in luce anche da alcuni degli utenti di Youtube che hanno pubblicamente criticato lo spot della Mac, come “Loregio15”: «La pubblicità non è ingannevole ma lavorare x questa multinazionale è solo sfruttamento! Non esistono giorni di festa, orari agevolati per chi ha figli piccolissimi come me, non esistono ferie a luglio e agosto! Non dicono che non hai possibilità di chiedere un giorno di permesso il sabato o la domenica se è davvero necessario e che dentro ci sono delle regole da carcere x i dipendenti…». McDonald’s Italia, che conta in tutto lo Stivale oltre 450 ristoranti con 16.000 dipendenti, ha risposto alle critiche affermando di applicare contratti regolari e che il part-time offre chance occupazionali anche agli studenti: inoltre, ha ribadito di voler assumere altre 3.000 persone. Il lavoro, ormai ridotto a una scialuppa di salvataggio più che a un bastimento di opportunità. Eppure, di questi tempi, sempre meglio un “MacJob” (nei dizionari inglesi, questo termine riferito direttamente alla multinazionale significa “attività sottopagata, senza stimoli, con pochi benefici”) che rimanere per strada. Come spiega lo stesso utente critico “Loregio15” nella conclusione al commento visto precedentemente: «…aiutateci ad avere un ambiente lavorativo migliore, non a farci chiudere!!! Un sacco di cose fanno morire ma non chiudono!!!».

di Gianluca Schinaia

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