Rimini 2008. A giugno l’Italia celebrava il nuovo governo Berlusconi, le discoteche già suonavano le nuove hit dell’estate. Per L.G., imprenditore di abbigliamento, la musica era diversa. Doveva restituire un prestito usuraio concessogli da ‘Franco’, il boss Francesco Vallefuoco. In 2 lo accompagnarono in un garage minacciandolo di dargli fuoco per fargli capire che la camorra non scherza mai, neanche nella rossa Emilia. E’ uno dei numerosi episodi di intimidazione contenuti nell’ordinanza eseguita dai Ros dei carabinieri, nell’inchiesta coordinata dalla Procura di Bologna, pm Enrico Cieri. L’operazione è il terzo troncone di una inchiesta ribattezzata ‘Vulcano’ .

Il clan Vallefuoco ha radici in provincia di Napoli, ma cuore finanziario a San Marino, diramazioni in Toscana e Marche. L’ordinanza firmata dal Gip Alberto Ziroldi ricostruisce il potere intimidatorio del gruppo criminale, 18 gli arrestati, 100 gli indagati, coinvolti anche avvocati e consulenti finanziari. Il capoclan è stato catturato in un hotel a Prato. Non solo usura ed estorsioni, ma anche riciclaggio con l’attività della finanziaria Fincapital, sede a San Marino, per un clan che non conosceva crisi di alcun genere. Le attività illecite venivano nascoste dietro un apparente attività di recupero crediti e finanziamento attraverso le srl Ises e Ises Italia.

Gli esercenti si rivolgevano a loro per recuperare i soldi da altri commercianti e Vallefuoco e soci usavano le ‘cattive maniere’. Torniamo al luglio 2008. L’imprenditore L.G. dopo l’iniziale paura racconta tutto agli inquirenti su suggerimento del suo avvocato. In particolare l’incontro con ‘Franco’ nella sede Ises di San Marino dove gli viene offerto un primo prestito usurario di 100 mila euro. Il commerciante, più avanti, incontra due scagnozzi del boss e chiarisce che non può restituire i soldi.

“Mi fecero andare – ha raccontato agli inquirenti – in un garage ubicato sotto il bar ove di trovavamo, sul lungomare di Rimini. Aprirono la saracinesca e dopo avermi fatto entrare la rinchiusero accendendo la luce. Mi minacciarono dicendomi che mi avrebbero cosparso di benzina e dato fuoco, indicandomi una tanica che era nel garage”. Gli mostrarono una brandina e gli spiegarono che lo avrebbero legato e sequestrato per giorni. I soldi furono restituiti dopo qualche settimana.  In altri casi c’è chi ha tentato il suicidio. Altri imprenditori hanno tentato di scappare, c’è chi ha ceduto intestandosi fittiziamente beni immobili, attività poi utilizzate per consumare truffe. Tutto in regime di paura e omertà, 50 imprenditori sotto scacco. Il comandante dei Ros, il generale Mario Parente, ha spiegato: “Si era riproposto a km di distanza un modello criminale proprio della regione d’origine”.

Vallefuoco vantava rapporti anche con la cosca mafiosa Fidanzati, operante in Lombardia e a Palermo, con i clan napoletano Sacco-Bocchetti-Cesarano e con i Casalesi, indagato anche Nicola Schiavone, figlio di Sandokan. ‘Franco’ spesso evocava l’appartenenza al sodalizio casertano per intimorire le vittime. Rapporti anche con il clan Stolder con il quale Vallefuoco si occupava del grande affare dei video poker illegali tra Modena e Napoli.

Le mani del boss che ha costruito un impero di paura e finanza in Emilia Romagna si è servito di sodali autoctoni e non risparmia la politica. Un paragrafo dell’ordinanza è dedicato ai rapporti tra Vallefuoco e Oriano Giacomi, già sindaco del comune di Sassocorvaro negli anni ottanta, quest’ultimo in una posizione debitoria nei confronti del boss. Stesso trattamento. Al telefono, Giacomi scoppia a piangere e Vallefuoco gli spiega: “Se mi risulta quell’assegno che mi hai dato, mi risulta denunciato puoi scappare dall’Italia(…) Orià…ma che me piangi”.

Vallefuoco si circondava di donne, nel procedimento è stata arrestata anche la moglie Giustina Panico considerata con il boss organizzatrice dell’organizzazione criminale allo stesso livello di un’altra sua fiamma, Lucia Esposito.

Esposito, un passato da portavoce e sodale del malacarne, è stata arrestata in casa di Angelo Antonio Romano con cui ha una relazione. Romano, estraneo all’indagine, è sindaco di Brusciano, comune in provincia di Napoli. Un’altra grana politica per il primo cittadino, del suo caso il Fattoquotidiano.it si era occupato solo pochi giorni fa.  

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