Avete mai scaricato illegalmente anche una sola canzone o un singolo film attraverso il sistema di file-sharing Torrent? Probabilmente siete stati monitorati da almeno 10 differenti società. Questa rivelazione è il frutto di uno studio condotto negli ultimi tre anni da un team di ricercatori dell’Università di Birmingham, i cui risultati sono stati presentati proprio in Italia durante l’ottava edizione del SecureComm di Padova.

Il team composto da Tom Chothia, Marco Cova e Chris Novakovic ha evidenziato come un computer che sta condividendo uno dei torrent più popolari in quel momento, possa essere individuato e registrato da queste società in meno di tre ore. Per ottenere questi risultati l’Università di Birmingham ha messo a punto un software che si è comportato a tutti gli effetti come un client BitTorrent per la condivisione di dati, l’unica differenza è stata quella di non condividere nulla ma bensì di registrare e tenere traccia di tutti i collegamenti associati. A stupire i ricercatori è stata in particolare la quantità di questi monitoraggi: “Non è necessario essere un downloader massivo – ha spiegato Tom Chothia a capo della ricerca – anche chi ha scaricato un singolo film può essere stato coinvolto. Se poi il contenuto era nella top 100, è stato monitorato in poche ore. Qualcuno l’ha notato e ne ha tenuto traccia”.

Il monitoraggio è stato effettuato in modo particolare sui torrent particolarmente in voga in determinati momenti, ad esempio in corrispondenza dell’uscita di nuovi film nelle sale cinematografiche, ma alcuni controlli sono stati registrati anche in corrispondenza di torrent meno popolari. L’analisi ha evidenziato il coinvolgimento di almeno 10 società: alcune di queste sarebbero legate ai diritti d’autore, altre invece (e sono la maggior parte) non è stato possibile individuarle con precisione, dal momento che utilizzano società terze per svolgere il monitoraggio. Secondo i ricercatori questo tipo di analisi è facile da compiere ed è per questo che alcune aziende la mettono in pratica senza una ragione ben precisa, nella speranza che un domani quei dati possano tornare utili. Per altre società invece è stata avanzata l’accusa di vendere questa mole di dati ai detentori del copyright per scopi commerciali e denunce. Nonostante esistano alcuni sistemi per nascondere o proteggere la connessione durante questi scambi di materiale, dal rapporto della ricerca si evince che spesso le misure di sicurezza applicate dagli utenti sono state aggirate o non hanno funzionato a dovere.

Anche chi pensava di essere al sicuro quindi, potenzialmente potrebbe essere stato registrato. Nonostante di una gran parte di dati non si conosca esattamente il motivo per il quale siano stati raccolti, dall’altra alcuni titolari di diritto d’autore sia in Europa che negli Stati Uniti stanno chiedendo ai tribunali di fornire gli indirizzi fisici a partire dagli ip raccolti. In risposta alcuni avvocati hanno già sollevato il dubbio che i dati raccolti possano essere utilizzati come prove in tribunale: con questo sistema viene identificata infatti la connessione utilizzata e non si individua un specifico individuo. “Tutti i monitoraggi che abbia osservato durante i nostri studi – conclude Chothia – si connettono a chi scambia i dati per verificare se è in esecuzione il programma BitTorrent, ma non sono in grado attualmente di individuare quali files vengono scambiati”. Questa affermazione sottolinea come, oltre a non individuare con precisione il responsabile del download, non si riesca nemmeno a fare distinzione tra file protetti da copyright e software libero di cui la diffusione è assolutamente concessa.

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