“Nel 2001 la spa Acque Albule, centro termale di Tivoli, è stata privatizzata sulla base di bilanci falsi”. Luigi Sabucci non molla. Avvocato in pensione, da oltre 15 anni denuncia che il passaggio da pubblico a privato si è consumato su falsi in bilancio della società che gestisce le terme romane: una ex municipalizzata, ora diventata partecipata e che si prepara a essere definitivamente privatizzata. Sabucci si è rivolto più volte alla Procura di Tivoli, i magistrati hanno archiviato e lui si è opposto, ma dopo oltre tre anni non è stata ancora fissata l’udienza per la discussione. Per non saper né leggere né scrivere l’avvocato si è rivolto anche al Csm “segnalando il comportamento scorretto della Procura”. Ma anche da Palazzo dei Marescialli silenzio.

Cos’è successo, dunque? Nel passaggio di quote da pubblico a privato della società delle terme, grazie ai bilanci falsi, sarebbe sparito oltre un miliardo di lire, cifra quantificata nel 1996 dalla Corte dei Conti che quindi rivalutata oggi sarebbe ben superiore. Fino al 2001 le azioni della società erano interamente di proprietà del Comune di Tivoli che poi ha deciso di cedere il 40 per cento delle azioni ad un privato in vista di un rilancio dell’attività. Ad aggiudicarsi il pacchetto azionario è stata la società Sirio Hotel riconducibile a Bartolomeo Terranova.

I falsi nei bilanci della società risalgono al 1993 e rappresentano un pasticcio quasi ventennale che perdura tutt’oggi e che ha come protagonista principale il Comune. L’ammanco che ne conseguì nelle casse comunali nel 1993 era già di 600 milioni di vecchie lire circa: interessi che la società Acque Albule doveva versare all’amministrazione di Tivoli. Sabucci continua a sostenere questa tesi forte di svariati documenti. Tanto da essere più volte querelato e processato per diffamazione e ogni volta prosciolto e assolto.

Innanzitutto esiste un decreto ingiuntivo del 1992 che condannava la società Acque Albule a pagare al Comune di Tivoli anche gli interessi relativi ai mancati pagamenti di canoni di subconcessione all’amministrazione. Il 6 maggio di quell’anno l’allora assessore al bilancio, Raffaele Rossi, dopo una richiesta della società termale, accorda una rateizzazione dei pagamenti: “Invio piano d’ammortamento – si legge nella lettera dell’assessore – del vostro debito di lire 5.129.000.000 nei confronti del Comune di Tivoli, al tasso di interesse del 10% a scalare in 60 rate bimestrali”. L’assessore intima alla società termale di dare una risposta entro 24 ore altrimenti “riattiverà le procedure coattive momentaneamente sospese”. Cioè il decreto ingiuntivo. Questa rateizzazione non è mai avvenuta.

Nel 1993 al Comune di Tivoli si consuma una crisi politica e il prefetto di Roma nomina un commissario straordinario (Gennarino Gallo) che si occupa anche della questione debitoria della società termale. Gallo, con lo scopo di agevolare la situazione debitoria delle terme, rinuncia ad una parte sostanziosa della somma inerente i canoni non pagati e specificò che “rinunciava anche alla corrispondente somma e credito per interessi” si legge nella delibera 92 del 1993.

La lettera dell’assessore Rossi e la delibera del commissario Gallo certificano la sussistenza degli interessi non pagati. In ogni caso la delibera del commissario venne comunque annullata immediatamente dopo dal CoReCo (Comitato Regionale di Controllo) “per violazione di legge” si legge. Come conseguenza accade che nel bilancio comunale avrebbero dovuto figurare per intero sia i canoni non pagati dalle terme sia gli interessi relativi: quest’ultimi invece da quel momento non figureranno più nei bilanci del Comune di Tivoli. Un’anomalia che è stata rilevata anche da una perizia della Corte dei Conti del 1999 che quantificò l’ammanco in “lire 1.360.780.128 al 31 dicembre 1996”.

L’amministratore unico della società Acque Albule nel 1993 era Marco Vincenzi (direttore generale e quindi dipendente della società fino al 2007), sindaco di Tivoli, quasi ininterrottamente, dal 1999 al 2008 ed ora assessore ai Lavori Pubblici nella giunta di Nicola Zingaretti alla Provincia di Roma. Omettendo gli interessi in questione il bilancio della società Acque Albule tornò apparentemente in attivo dopo una serie di anni con i bilanci in rosso. Tutto possibile anche grazie anche ad una “distratta” gestione amministrativa del Comune di Tivoli, allora unico titolare delle azioni della società termale. Vincenzi poi una volta eletto sindaco di Tivoli fu l’artefice della privatizzazione delle Terme. Alla fine dei conti tutto questo ha ancora conseguenze negative: una su tutte, la mancanza di una consistente somma nelle casse comunali.

Sabucci non risparmia fiato e continuerà a battersi. “Ho sollecitato anche il Csm – spiega Sabucci – segnalando il comportamento scorretto della Procura di Tivoli. Ho anche offerto al Consiglio Superiore della Magistratura la mia totale collaborazione con tutta la documentazione del caso. Il Csm però invece di visionare la corposa documentazione in mio possesso ha preferito dare unicamente ascolto alla versione della Procura di Tivoli. Di fatto a tutt’oggi la documentazione di questa complessa vicenda è ancora ignota al Consiglio Superiore della Magistratura”. Nel 2008 Sabucci ha denunciato di nuovo tutto. “Nella mia denuncia – spiega Sabucci – ho segnalato nuovi documenti di prova ed ho fatto i nomi di alcuni magistrati di Tivoli responsabili delle omissioni nelle precedenti inchieste. Dopo circa 3 mesi la Procura di Tivoli ha chiesto l’archiviazione di questa denuncia nonostante il fatto che fosse in discussione la responsabilità di magistrati locali. Normalmente non può essere la Procura del posto a giudicare i propri magistrati. Mi sono opposto all’archiviazione ma dopo oltre tre anni non è stata ancora fissata alcuna udienza per la discussione”. Nel frattempo proprio in questi mesi il Comune sta definendo la cessione delle ultime quote pubbliche al mercato privato.   

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