Per migliaia di anni è esistita una società che non conosceva la guerra. Abbiamo speranze per un futuro di pace.

Una professoressa al liceo ci diceva: “Siete degli illusi… L’essere umano condivide il 97% del dna con gli scimpanzè, che sono i nostri più vicini parenti e sono animali aggressivi, quando due branchi si incontrano sotto un albero di frutta combattono con bastoni e pietre e arrivano a uccidersi. È il nostro istinto che genera la competizione e la violenza.”
Bel discorso. Ma si basa su una bugia. Gli animali con cui condividiamo una quota maggiore di dna non sono gli scimpanzé come c’è scritto sui libri di scuola. E’ falso!
Noi condividiamo un po’ più del 97% del dna con i bonobo una strana specie di primati la cui esistenza è stata negata per decenni.
I neri dicevano ai ricercatori europei che quelli non erano scimpanzè ma loro non volevano crederci. Furono i giapponesi negli anni ’30 a dimostrare che erano una specie a sé.
Questa informazione non fu contestata ma non ebbe diffusione. Parlarne non era proprio possibile. Il motivo di questa censura è semplice: quando un gruppo di bonobo incontra un altro gruppo di bonobo sotto un albero di banane, per prima cosa fanno sesso tutti assieme, maschi e maschi, femmine e femmine e maschi e femmine. Poi si imboccano con le banane.
E quando un bonobo è depresso tutti se lo scopano fino a che sorride. L’esistenza dei bonobo è la prova che l’omosessualità è naturale, non una malattia. Per questo non si poteva parlare tanto dei bonobo.
Ma l’esistenza di queste scimmie nostre vicine parenti, è anche la prova che l’evoluzione umana è intimamente legata alla sessualità. Umani e bonobo, a differenza degli scimpanzè, hanno superato il vincolo dell’estro, cioè non fanno l’amore solo quando la femmina è fertile e lo segnala con particolari odori. La differenza tra noi e i bonobo è che loro hanno ancora un minimo legame tra odori e desiderio. In effetti, in alcuni periodi del mese non si accoppiano mentre gli esseri umani hanno il desiderio sessuale tutto l’anno; e viene quindi il sospetto che ci sia un rapporto tra la capacità umana di far l’amore tutto l’anno e la nostra capacità di cooperare, e che questa sia stata un fattore determinante nell’evoluzione che ci ha permesso di diventare più efficienti del resto degli animali.
E se alle origini avevamo una straordinaria capacità di risolvere i contrasti con l’amore, e solo dopo i rapporti sociali si sono guastati, possiamo allora avere più speranze sulla possibilità di rimettere la cooperazione e il piacere reciproco al centro della vita sociale.

A scuola ci hanno insegnato anche che i maschi dell’età della pietra erano ghiozzi esseri pelosi rissosi armati di clava.
Ma anche questa è una grossa bugia.
Da un gran numero di scavi si evince che, tra il 7000 e il 3500 avanti Cristo, esistevano nelle grandi pianure fertili del pianeta, villaggi di pescatori contadini che non avevano mura di cinta, erano in posizioni facilmente accessibili, non esistevano palazzi e pure nelle sepolture non c’erano differenze sociali o sessuali. Addirittura troviamo tombe di donne con all’interno alcune armi.
Si trattava di società abbastanza evolute, capaci di costruire abitazioni con camini e porte munite di cardini. Scolpivano statue di grande realismo, realizzavano vasi scavati nella pietra, e decoravano le loro ceramiche con pittogrammi che celebravano la fertilità e la vita. Molte poi sono le immagini a sfondo erotico e le riproduzioni di organi sessuali. Una società che non conosceva la guerra, le divisioni sociali, l’oppressione della donna, la schiavitù.
Questa società portò alle scoperte fondamentali dei primordi, dalla medicina all’astronomia, dalla tessitura alla costruzione di canali.
Venne poi soppiantata dalle migrazioni di allevatori guerrieri provenienti dalle steppe euroasiatiche. Questi guerrieri erano diventati coriacei a causa dei continui pericoli che minacciavano le loro greggi. Essi passavano lunghi periodi lontani dal villaggio (e dalle donne) e dovevano fronteggiare le belve. A differenza delle attività di pesca e agricole, che valorizzano la capacità di cooperazione, l’allevamento è un’attività nella quale le capacità individuali fanno la differenza. Un pastore torna dai pascoli montani con più pecore di quante ne avesse in partenza, un altro invece riesce a perdere tutte le pecore. Alla lunga il pastore più abile si chiede perché debba dividere le sue pecore con il pastore incapace. È la vita durissima degli allevatori che innesca la violenza. E, per giunta, rubare un gregge è più facile che rubare il grano o i pesci. Le pecore non te le devi caricare sulla schiena: camminano con le loro gambe.
Verso il 3500 a C. i pastori euroasiatici iniziano a migrare verso le pianure fertili dove vivono i ricchi matriarcali. I guerrieri allevatori, forti della domesticazione del cavallo, degli archi compositi, riescono a soggiogare le popolazioni matriarcali che diventano i servi. Nascono così i primi regni schiavisti e la serie di guerre, ininterrotte fino ai giorni nostri.
Questa teoria è stata derisa fino a quando le ricerche genetiche di Luca Cavalli Sforza hanno dimostrato che questa migrazione  è realmente avvenuta. (Vedi anche Riane Esler: Il piacere è sacro)
È importante sapere che la guerra è iniziata solo in un certo momento della nostra storia e che discendiamo da scimmie amorose e amorevoli e che per millenni i nostri progenitori si sono evoluti grazie alla loro straordinaria capacità di amare e condividere.
Se ci siamo riusciti una volta possiamo riuscirci ancora!
Il prossimo articolo sarà dedicato a un’altra domanda: per Caino fu facile uccidere Abele?

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