Nessuna prova contro Gianni De Gennaro ma sugli occupanti della Diaz sono state compiute “inqualificabili violenze”. Lo scorso 22 novembre la Cassazione ha deciso di annullare senza rinvio la sentenza di condanna a un anno e 4 mesi pronunciata dalla Corte d’appello di Genova  e oggi, nelle motivazioni, spiega che contro l’ex capo della polizia “non si è acquisita alcuna prova o indizio di un ‘coinvolgimento’ decisionale di qualsiasi sorta nell’operazione Diaz”. De Gennaro, oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, era accusato di istigazione alla falsa testimonianza sui fatti avvenuti alla scuola Diaz durante il G8 del 2001.

Secondo la sesta sezione penale della Suprema Corte la sentenza presenta un “deserto probatorio” ed è stata “scandita da sommarietà valutativa e da palesi lacune della motivazione”. Per i giudici della Cassazione “i fatti non sussistono” e nelle motivazioni di assoluzione si parla di “palesi errori di diritto” ma sul fronte degli occupanti della Diaz puntualizza che su di loro sono state compiute “inqualificabili violenze”.

La sentenza di secondo grado, scrivono i giudici di piazza Cavour, “pone confusamente in relazione la vicenda” della falsa testimonianza “ad una questione di immagine compromessa della Polizia, che, essendosi tradotta in un grave insuccesso (per le inqualificabili violenze compiute sugli occupanti della scuola Pertini), avrebbe indotto l’allora Capo della Polizia De Gennaro a prendere ogni distanza possibile dall’operazione e altresì a persuadere o esortare Francesco Colucci (ex questore di Genova all’epoca del G8, ndr) a modificare le anteriori sue dichiarazioni sulla vicenda”. Il processo principale sui fatti della Diaz, che vede imputate 25 persone tra funzionari e agenti di polizia, inizierà in Cassazione l’11 giugno.

“La vicenda afferente a chi abbia disposto, tra il capo della Polizia e il Questore di Genova, l’invio presso il complesso Diaz del responsabile del servizio di comunicazioni esterne della Polizia di Stato, dottor Roberto Sgalla, si presenta destituita di ogni profilo di seria pertinenza con i fatti reato integranti la regiudicanda del processo Diaz, costituiti da condotte di calunnia, lesioni volontarie, falsità ideologiche ed altri reati”.  Un “difetto di pertinenza” che di conseguenza diventa “di rilevanza della pretesa falsità delle dichiarazioni con cui il questore Colucci avrebbe ‘ritrattato’ le sue anteriori affermazioni sull’indicazione ad informare dell’operazione Diaz il dottor Sgalla ricevuta dal capo della Polizia De Gennaro”. La questione, osserva la Suprema Corte, “è priva di qualsiasi inferenza con i fatti e i comportamenti resi oggetto del processo Diaz. Soltanto una travisante lettura dei dati processuali può condurre a supporre la questione pertinente e pur anche rilevante rispetto al ‘thema decidendum’ del processo Diaz e al percorso di formazione del convincimento decisorio del giudice di quel processo”.

Articolo Precedente

Il tentato ‘golpe’ del governo Monti

next
Articolo Successivo

Giustizia: riforma del Csm e merito scolastico

next