Scrivo queste poche righe in una condizione di incredulità e con un gran dolore nel cuore. La scuola è il luogo della tutela. Il luogo a cui affidiamo tutti i giorni i nostri figli, in cui entrano i nostri studenti, il nostro luogo di lavoro. I ragazzi, i bambini, entrano lì ogni mattina fiduciosamente; nessuno pensa di non tornare indietro: non è un’idea immaginabile. Non lo era per Vito, a Rivoli, vittima dell’incuria. Non lo era certamente per Melissa, vittima della barbarie.

A scuola, nella scuola, quotidianamente, molti di noi cercano, giorno dopo giorno, di dire – con i fatti, le parole, le azioni, con l’esempio – di proporre, di concretizzare la legalità. Un lavoro silenzioso e costante, esplicito e sotterraneo: le regole, il rispetto, la partecipazione. Mario Monti ha detto l’altro giorno – durante l’incontro presso l’agenzia delle entrate – che la scuola deve insegnare quanto sia importante pagare le tasse. Quello che la scuola fa, sul fronte della legalità e della devozione ad un’idea di cittadinanza attiva, è – nel silenzio generale – molto di più.

Ciò che è accaduto a Brindisi è inconcepibile. Per questo, prima che qualsiasi suggerimento istituzionale prevalga sul sentimento che in questo momento chi vive nella scuola prova certamente, credo che occorra dare un segno. Lunedì entriamo nelle nostre scuole proponendoci di raccontare, di commentare, di analizzare l’orrore di questo avvenimento. Dovremmo entrare listati a lutto. Dovremmo trasmettere – noi che li vediamo tutti i giorni, quando si affollano all’entrata, timorosi, indolenti, silenziosi, sorridenti – il grido di orrore con cui la scuola reagisce alla propria profanazione. Noi solo sappiamo davvero. Più di qualsiasi minuto di silenzio, la forza delle nostre parole, delle nostre voci deve essere il modo per dire che, qualunque sia stata la matrice, la causa, la motivazione di un atto tanto insensato e bestiale, noi – insegnanti e studenti – non ci stiamo, né ora né mai.

Lunedì tutte le scuole d’Italia devono chiamarsi Morvillo Falcone, per Melissa che non c’è più, per Veronica e tutti gli studenti feriti, per i nostri ragazzi e per questo sventurato Paese che merita altro.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Brindisi, l’Italia feroce che non vuol morire

next
Articolo Successivo

Brindisi, l’identikit dei mandanti

next