Occupare una casa popolare per non lasciare che a occuparla sia qualcun altro. Magari togliendoti per sempre la possibilità che venga assegnata a te. Capita a Milano in via privata Bobbio, a due passi dagli affollati locali sui Navigli e dai loft eleganti di zona Tortona. Una strada con ai bordi case di ringhiera dell’Aler, l’Azienda lombarda edilizia residenziale. Non tutti gli alloggi sono affittati: alcuni sono vuoti, in altri vive chi ha occupato in modo abusivo. Da mesi, senza che nessuno intervenga. Settimana scorsa, una notte, hanno spaccato un vetro al primo piano del civico 3. “Alcuni ragazzi dei centri sociali sono entrati nell’appartamento di fianco al mio. Sono gli stessi sgomberati un anno e mezzo fa dalla Bottiglieria di via Savona”, racconta la signora Elide, 35 anni e un’invalidità dell’85%.

Elide e altri condomini hanno avvisato subito l’Aler. Loro, quei nuovi vicini di casa, non li vogliono. “E’ iniziata una processione per portare dentro i materassi – continua Elide -. Erano una quindicina, con i cani. Si facevano le canne e io ho due bambine”. Dall’Aler hanno inviato due dipendenti per un sopralluogo. Sono passati anche due carabinieri, per identificare gli occupanti. “Ma nessuno ha fatto nulla per mandarli via – spiega Elide -. Abbiamo detto che avevamo paura, ma niente. Se l’Aler e le forze dell’ordine non ci tutelano, allora ci tuteliamo da soli”. Così, il giorno dopo, a liberare l’abitazione ci hanno pensato Alessandro e Fabrizio, due gemelli di 22 anni belli robusti, fratelli di Elide. Hanno approfittano di un momento di assenza degli occupanti, si sono introdotti nell’appartamento e ci si sono piazzati dentro. Poi la decisione di Alessandro: quella casa ora se la tiene lui, con sua moglie e la piccola di 14 mesi.

Spiega di voler proteggere sua sorella che vive di fianco con un’altra sorella e due bambine: “Non c’è nessun uomo in casa. Quelli dei centri sociali continuano a passare per vedere se riescono a occupare di nuovo. Se me ne vado via io, tornano loro”. Alessandro fa la guardia giurata, un lavoro a chiamata per 1.400 euro al mese con gli straordinari di notte. “Sono entrato – spiega – per liberare l’appartamento dagli altri. Ora ci rimango. Sono anni che aspetto in graduatoria un alloggio popolare. Poi qualcuno occupa, arrivano i carabinieri e non fanno nulla. Perché quelli dei centri sociali hanno più diritti di noi?”.

Due giorni fa dall’Aler hanno mandato gli ispettori per fare visita anche ad Alessandro. “Hanno detto che dobbiamo andarcene, se no ci denunciano – racconta -. Sono arrivati con la polizia locale”. Anche quella di Alessandro è un’occupazione abusiva. Dall’Aler fanno notare che l’appartamento è proprio quello che la signora Elide aveva chiesto di accorpare al proprio, per avere più spazio, vista la sua invalidità. Dicono anche di essere intervenuti con un sopralluogo appena avvisati dell’occupazione dei ragazzi dei centri sociali: per lo sgombero, però, c’era bisogno del supporto delle forze dell’ordine, che avevano bisogno di qualche giorno per organizzarsi.

Alessandro non se ne vuole più andare. Se no, in quella casa, ci entra qualcun altro. Come è successo nei palazzi di fronte: un appartamento occupato da tre mesi, un altro da un anno. “Se il signore ha fatto un passo del genere, ben venga – gli fa forza la signora Maria, 64 anni, una delle vicine -. Meglio lui di quelli dei centri sociali. Contro di loro non è intervenuto nessuno”. Quell’appartamento, poi, era vuoto da un anno e mezzo. Nel palazzo al momento ce ne sono altri tre non abitati. Una piccola parte di quegli alloggi popolari che a Milano rimangono sfitti: 2.500 proprietà dell’Aler, 2mila del Comune. Palazzo Marino ne sta ristrutturando qualche centinaio ed entro la fine del 2012 conta di assegnarne mille. Pochi per una lista di attesa con 20mila persone. Alessandro è uno di loro. Ma ormai alla lista di attesa non pensa più. Già programma i lavori da fare nella nuova casa: gli interruttori da installare, l’impianto elettrico da rifare. “Tutto a nostre spese – promette -. E vogliamo versare il canone, non come nelle altre case occupate in cui nessuno paga”. Ma così non si passa dalla parte del torto? “Ho cercato una casa in affitto. Chiedono dai 600 ai 900 euro al mese. Dove vado? Torno nella casa dei miei dove vivevamo in nove? E lo spazio perché la bambina possa giocare?”. Prima voleva fare le cose in regola, spiega. Finché non ha visto occupare la casa di fianco a sua sorella. Come dire: quando le istituzioni non intervengono o non sanno fare il loro mestiere, alla fine i cittadini si fanno giustizia da soli.

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