Sono più di mille, lavorano alla Ferrari, alla Maserati e alla Cnh. Sono le operaie e le impiegate modenesi del gruppo Fiat, che da gennaio stanno portando avanti la lotta per il diritto alla maternità. Sì, perché con il contratto separato approvato a fine anno, per ognuna di loro avere un figlio significa anche rischiare di perdere il premio di produttività di 600 euro. “Un accordo che discrimina” è la denuncia della Fiom Modena.

Il contratto estende a tutti gli stabilimenti del gruppo torinese il “modello Pomigliano” e prevede che il “premio straordinario 2012”, pari a 600 euro, vada solo a chi, nei primi sei mesi dell’anno, ha lavorato almeno 870 ore. Non una semplice dicitura contrattuale, se si considera che dal conteggio vengono esclusi, tra le altre cose, malattia, pausa pranzo ma, soprattutto, tutti gli impegni legati alla maternità e alla paternità. Detto in altre parole, perdono il diritto a percepire il premio 2012 le lavoratrici, ma anche i lavoratori, che si assentano per il periodo di congedo obbligatorio e quello sotto ispettorato, per il riposo dovuto all’allattamento, per i congedi parentali, per la malattia di un figlio, e per i permessi previsti dalla legge 104 per l’assistenza ai disabili. Una beffa per le madri, che si trovano in un posizione molto più svantaggiosa rispetto a quella dei loro colleghi uomini. “Ciò che è previsto nel contratto – afferma Giordano Fiorani, segretario provinciale della Fiom di Modena – utilizza dei parametri discriminatori”.

Per questo a febbraio, dopo una campagna di sensibilizzazione tra le lavoratrici Fiat, grazie alla quale sono state raccolte 205 firme a sostegno della causa, le iscritte alla Fiom si sono armate di carta e penna e hanno inviato una lettera al ministro del Lavoro Elsa Fornero. «Noi donne – si legge – abbiamo una ragione in più per voler cancellare quell’accordo, perché in esso sono contenute norme gravemente discriminatorie, lesive della legislazione vigente e dei principi di parità, sanciti dalla Costituzione Italiana e riaffermati dalle normative europee».

Ad alzare la voce sono state anche le lavoratrici di Modena. Nella provincia emiliana il gruppo Fiat infatti vanta una folta rappresentanza: due stabilimenti di Cnh, uno della Maserati e uno della Ferrari, per un totale di oltre 5000 dipendenti, di cui il 20% è donna. Tra le operaie metalmeccaniche (in misura minore) e le impiegate dello stabilimento di Cnh di San Matteo, le lavoratrici degli stabilimenti modenesi del gruppo che oggi si battono per avere uguali diritti sono circa un migliaio. “Non accettiamo questa discriminazione – commenta  Paola Gherpelli, ex delegata Fiom alla Cnh San Matteo – perché una donna che vuole diventare madre deve rinunciare a questi 600 euro?”

Lo scorso 8 marzo, in occasione della tradizionale festa della donna, le impiegate della Cnh, che fa parte del gruppo Fiat Industrial, hanno deciso di accompagnare alla mimosa un volantino con le ragioni della loro protesta e il parere del ministro. «La risposta alla nostra lettera – va avanti Gherpelli – è stata breve ma è arrivata tempestivamente. Il ministro ha detto di comprende la nostra situazione e ci ha assicurato che avrebbe parlato con chi di dovere della questione. Ora ci aspettiamo che mantenga la parola data”.

Intanto, oltre a quello di alcune senatori, tra cui i bolognesi Rita Ghedini e Paolo Nerozzi, le lavoratrici della Fiat hanno incassato la solidarietà del consiglio provinciale di Bologna, che ha dato il via libera a un ordine del giorno che invita la giunta di palazzo Malvezzi ad impegnarsi nella lotta per le pari opportunità.

di Felicia Buonomo e Giulia Zaccariello

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