L’udienza del processo sulle tangenti all’Amiat di Torino, prevista lunedì 13 febbraio, è stata rinviata. La seduta è slittata al prossimo 16 aprile, alle nove, nella solita aula 44 del Tribunale di Torino.

Nonostante il rinvio ho scelto di scrivere comunque questo post per mantenere la promessa fatta ai tanti lettori de Il Fatto Quotidiano: cioè raccontare ogni passo del processo e sottolineare, con l’obiettivo di cambiare le cose, quanto sia complesso denunciare la corruzione in Italia.

Nelle notevoli difficoltà che ho incontrato io, comprendo purtroppo i motivi per cui così in pochi denunciano la corruzione. E comprendo anche perché le convenzioni internazionali in materia pretendono che chi denuncia la corruzione debba essere sostenuto, difeso, aiutato, posto nelle migliori condizioni, personali e professionali (vi consiglio di approfondire leggendo il sito www.anticorruzione.it).

Qui sul blog, ho raccontato spesso della mobilitazione dei “Signori Rossi” e del sito web con il supporto online “SOS Corruzione”. Purtroppo sono tante le segnalazioni o le richieste di aiuto che arrivano al sito: noi, come gruppo di persone che volontariamente si sono attivate per dare una mano e contrastare la corruzione, siamo in grado di informare ed educare sul tema, aiutando le persone a orientarsi nei primi passi da compiere. Ma per chi denuncia servirebbero aiuti, misure e segnali molto più forti e convinti da parte delle Istituzioni, che purtroppo spesso latitano…

Molte delle storie dei “Signori Rossi” che hanno scritto all’SOS Corruzione non sono vicende andate a buon fine, anzi hanno lasciato conseguenze economiche, sociali e psicologiche durissime sui cittadini che denunciavano. Quando, con lo staff di avvocati, individuiamo la possibilità di denunciare un caso di corruzione, consigliamo di rivolgersi alla Procura della Repubblica. Ma prepariamo anche le persone a un cammino molto tortuoso in cui si rischia di restare da soli e di soffrire di fronte al perpetrarsi dell’ingiustizia.

Lo definirei una sorta di “meccanismo di perfetta impunibilità”: i corrotti e i corruttori rischiano poco o nulla, mentre chi li contrasta rischia il reato di diffamazione e spesso subisce l’isolamento sociale, danni professionali, oltre a costi economici ed eccessive perdite di tempo per processi che vanno (volutamente…) per le lunghe. Prossimamente sul blog racconterò più in dettaglio che tipo di investimento di tempo, energie, soldi ed emozioni c’è stato e c’è dietro il mio “no” alla tangente che mi è stata proposta all’Amiat.

Ne emerge un ritratto impietoso di un’Italia in cui la corruzione è diffusa in maniera capillare. Ecco come ci descrive il rapporto GRECO (Group of States against corruption) 2011 del Consiglio d’Europa: “La Corruzione è profondamente radicata in diverse aree della pubblica amministrazione, nella società civile, cosi come nel settore privato. Il pagamento delle tangenti sembra pratica comune per ottenere licenze e permessi, contratti pubblici, finanziamenti, per superare gli esami universitari, esercitare la professione medica, stringere accordi nel mondo calcistico ecc. (…) La corruzione in Italia è un fenomeno pervasivo e sistemico che influenza la società nel suo complesso”.

Il nostro compito di “Signori Rossi”, dunque, è rompere il silenzio attorno ai casi di corruzione e impedire l’isolamento di chi li denuncia. Per questo continuerò a parlare, anche ossessivamente se è il caso, del processo sulle tangenti all’Amiat e della mia esperienza personale di testimone. E per questo chiederò di fare altrettanto ai migliaia di cittadini che si sono mostrati vicini a me e soprattutto alla missione del movimento che è nato: promuovere la cultura etica nella pubblica amministrazione.

Al processo Amiat i risultati della nostra molteplice “presenza” si sono avvertiti: rinvio a giudizio, un processo che si celebra quando avrebbe potuto bloccarsi, la costituzione di parte civile dell’Amiat su tutti i capi di imputazione, la “rilevanza sociale” decretata dai giudici, che consente in maniera straordinaria di riprendere il processo con le telecamere. Ora, però, con questo nuovo rinvio incombe il rischio della prescrizione che cadrà nel 2013: prepariamoci a una mobilitazione simbolica e collettiva per portare nuovamente alla luce tale stato di impunibilità.

Noi, infatti, non ci arrendiamo e siamo convinti che un’opinione pubblica più pressante e presente spingerà l’attuale governo a occuparsi di recuperare quei 60 miliardi di euro che ogni anno paghiamo a causa della corruzione nella pubblica amministrazione. Siamo certi che, anche grazie all’azione dei movimenti, come Libera o gli stessi “Signori Rossi”, i “tecnici” costruiranno strumenti adeguati per il contrasto della corruzione in accordo con quanto prevedono le convezioni internazionali.

Per esempio, chiediamo di avviare programmi intensivi di formazione sui temi della corruzione e dell’etica per personale dipendente, funzionari, dirigenti, manager, amministratori che si occupano di “soldi pubblici” a vario titolo. Oppure chiediamo di costruire un sistema di “sostegno professionale” per chi denuncia, salvaguardando le persone da isolamento, mobbing, licenziamenti ecc.

Parafrasando una frase che si sente spesso dire, non solo “In Italia a pagare sono sempre gli stessi” ma parrebbe anche che chi denuncia paga e chi corrompe ci guadagna. Tuttavia, da cittadini corretti e non corrotti, appunto normali e comuni “signori Rossi”, continueremo a sostenere chi denuncia la corruzione e a pretendere, sempre, comportamenti etici dai nostri amministratori pubblici!

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